Procida, narrativamente conosciuta anche come l’Isola di Arturo, grazie al romanzo di Elsa Morante, ospita ai propri margini, un piccolo paradiso naturale: l’isola di Vivara.
Una vera e propria oasi, tra Procida ed Ischia, che sembra godere di vita propria, tra la flora e la fauna che caratterizza i suoi scenari paradisiaci. Altro non è che una virgola in mezzo al mare. Quel che resta da uno dei crateri circolari dei vulcani flegrei. Il nome è di incerta provenienza: una delle tesi più accreditate si collega alla provenienza latina del nome, ossia vivarium, “luogo dove vivono gli animali”. Un’altra ipotesi, invece, riconduce il nome dell’isola ad una distorsione nominale del primo proprietario dell’isola, il duce di Bovino, Giovanni Guevara.
Vivara è dal 2002 dichiarata Riserva Naturale statale, grazie alle caratteristiche morfologiche e alle bellezze che possiede; tuttavia non appartiene allo Stato. L’isola, infatti, è di proprietà privata. Da decenni esiste una disputa sull’acquisizione dell’isola. Dall’ente morale Albano Francescano, alla Regione, al Comune di Procida, ancora è in atto un’ulteriore transazione proprietaria, dovuta alla richiesta degli eredi di Domenico Scotto Lachianca, antico possidente dell’oasi.
Vivara è riserva incontaminata grazie alle specie selvatiche che vivono l’isola, dalle dimore di terra ai fondali marini, numerosi sono gli uccelli acquatici e migratori capaci di stregare i visitatori. E non solo. Abitata da popolazioni autoctone fin dall’antichità, risulta essere terra di ritrovamenti archeologici di origine Micenea.
Vivara è accessibile da Procida grazie ad un ponte, costruito negli anni ’30 lungo poco più di 100 metri, sul quale si può passeggiare. Non è semplice, tuttavia, visitare l’isola, a causa dei cammini burocratici legati alla legittima proprietà. Però, dal 2015 ha riaperto le porte al pubblico e, dopo eventuali richieste ed autorizzazioni, chi è intenzionato può calpestare una delle oasi più preziose del mediterraneo.