Squitieri, minacce e scorta a Saviano: “Sono tutte stronzate”, vi spiego il perché…
Mag 20, 2016 - Chiara Cepollaro
I film di denuncia, i film che trattano il tema della mafia, della camorra, i film che raccontano il legame Stato – mafia sono pellicole “autorizzate” dalla stessa criminalità, per così dire: “se la mafia vuole che tu non faccia il film, il film tu non lo fai.”, dichiara il regista Pasquale Squitieri, in un’intervista del 2009, comparsa sul quotidiano Roma. Il cineasta meridionale ha sottolineato, richiamando poi il caso di “Gomorra” (film), che le riprese de “Il prefetto di Ferro” , una delle sue pellicole più conosciute, le ha potute fare in Sicilia perché la mafia ha acconsentito. Ed è sempre così. Senza permesso dei mafiosi, “magari andavo a farlo a Zurigo il film, ma in Sicilia no” continua Squitieri.
L’uomo fa osservare al giornalista, pertanto, come sul set delle riprese di Gomorra, ci siano stati 5 arresti di camorra; un dato che indica, secondo il suo parere, la presenza e il permesso della Camorra nelle e alle riprese. In pratica, Gomorra è stato girato perché la camorra lo ha voluto.
E la questione delle minacce a Saviano da parte della camorra, secondo Squitieri, è fasulla. “Sono tutte stronzate”, afferma il regista napoletano, citato anche in causa dallo giovane scrittore. Squitieri, quindi, racconta la nascita della polemica con Roberto Saviano, nata a Cannes, durante il Festival e non a causa di Gomorra.
Il regista, che ha lavorato fianco a fianco di Giovanni Falcone, durante la realizzazione de “Il Pentito”(1985), aveva osservato come Falcone, accompagnato dalla scorta, era impossibilitato nel fare molte cose, tra cui prendere l’aereo pubblico e stare nei posti affollati, poiché avrebbe messo a rischio la vita di molti cittadini oltre che la sua. A questo proposito il regista fa notare a Saviano come non potrebbe essere lì al Festival, se munito di scorta, poiché la presenza della scorta ammette un pericolo di vita per lo scrittore e quest’ultimo metterebbe nello stesso pericolo il resto della comunità presente.
Tale invettiva ha più la faccia di una provocazione che di un reale dissenso, poiché Squitieri, paragona ulteriormente la situazione di Gomorra a quella di Rushdie, scrittore britannico, condannato a morte da Khomeini per il libro scritto nel 1989, perché reo di bestemmie. L’editore in Giappone e quello francese sono stati uccisi, così come il traduttore italiano del libro. “Com’è che il produttore di Gomorra, Proietti, è qui senza scorta?” si chiede retoricamente Squitieri.
Pasquale Squitieri, meridionalista oltre che napoletano, si è battuto molto, negli anni passati attraverso i film denuncia, che hanno raccontato dinamiche del sud troppo spesso insabbiate, andando anche indietro coi tempi.
Il suo “Li chiamarono…..briganti!”, infatti, narra la vicenda del sud Italia dopo l’Unità, con l’avvento sabaudo, tramite la storia di un brigante, ex garibaldino.
Secondo Squitieri, insomma, le minacce a Saviano, la scorta e tutta la vicenda che è ruotata intorno al film, rappresentano una trovata pubblicitaria e niente di più.
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