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Pericolo Ailanto: la pianta killer cinese sta divorando i Monti Lattari

Abbiamo visto, parlando della ginestra che sta cannibalizzando il resto della vegetazione alle pendici del Vesuvio, come, spesso, i nostri ecosistemi non vengano minacciati solo dall’incuria e dal lavoro umano, ma anche da squilibri all’interno della natura stessa. Organismi provenienti da altre zone che si sviluppano in modo sproporzionato rispetto agli altri o che, più semplicemente, hanno maggiori possibilità di riproduzione e diventano invasivi per l’ambiente circostante.

E’ quello che sta succedendo sui Monti Lattari, dove Giuseppe di Massa, presidente del Centro di Cultura e Storia di Gragnano e dei Monti Lattari ha lanciato l’allarme: “Una pianta cinese minaccia l’ecosistema della Valle e la stabilità degli antichi mulini”. Il serial killer in questione è l’Ailanto, meglio conosciuto come albero del paradiso, e sta distruggendo completamente la flora locale sostituendosi ad essa. Questo quanto ha raccontato il Mattino.

Si tratta di un albero importato in Europa dagli inglesi nel diciottesimo secolo ed è stato innestato anche in Campania quando si incrementò la produzione di seta: l’ailanto è, infatti, il luogo che i bachi da seta utilizzano per crescere e riprodursi. Dopo un’epidemia, però, la produzione della seta è terminata, mentre gli alberi del paradiso sono rimasti a proliferare. I contadini del luogo li chiamano “fetenti” proprio per l’enorme capacità riproduttiva: basta un solo ramo per far crescere un nuovo arbusto.

Invece, le secrezioni delle foglie, che emanano un odore disgustoso, diffondono nell’aria tossine che avvelenano le altre piante e impediscono la loro riproduzione. Una macchina di distruzione non solo per la flora locale, ma anche per il patrimonio artistico del luogo: le enormi radici degli alberi del paradiso stanno lentamente scavando negli antichi resti della Valle dei Mulini, luogo dall’importanza storica notevole. Per Massa l’unica soluzione è un lavoro volto ad arginare la crescita della pianta ed ad estirpare gli esemplari più fecondi e nocivi.