‘O chianchiere: perché in Napoletano si dice così


Nennì viene ccà, hê ‘a fà nu servizio a mammà. Vaje add’’o chianchiere e fatte dà cinche sacicce, c’’e ffaje signà ncoppo ‘o cunto. Fa’ ampressa e statte accuorto!

Chi è ‘o chianchiere: il significato

Quante volte le nostre mamme, le nostre nonne ci hanno chiamato per chiederci di andare chianchiere? E quante volte volte ci siamo chiesti perché sull’insegna della bottega ci fosse scritto macelleria e non chianca, o come mai la parola chianchiere fosse così diversa dall’italiano macellaio?

Per quanto riguarda la Lingua Italiana è molto semplice intuire da dove venga la parola “macelleria”, ossia dal Latino macellum. Il macellum, nel mondo dell’antica Roma, non era la semplice bottega dove venivano uccisi gli animali e vendute le loro carni ai fini dell’alimentazione, bensì proprio il mercato di carni e altri generi alimentari, in particolare carne e pesce o anche frutta e verdura provenienti da zone lontane. Un celebre esempio di macellum è quello di Pozzuoli, erroneamente indicato come Tempio di Serapide a causa del rinvenimento di una statua di quel dio idolatrato dagli antichi egizi. Il macellarius – da cui macellaio e le forme arcaica o dialettale macellaro – era dunque uno dei venditori che operavano del macellum.

Chianchiere macellaio

Chianchiere. Foto da http://ascm.altervista.org/

‘O chianchiere: l’etimologia della parola napoletana

Per capire invece l’origine del napoletano chianchiere dobbiamo guardare al modo in cui quest’ultimo lavorava: i pezzi di carne che costui tagliava venivano adagiati ed esposti su di un bancone di legno di lunghezza e larghezza variabili (vedi foto in bianco e nero), come avviene ancora oggi in poche macellerie, che in Latino si chiamava planca (asse, tavolo). A testimoniare tale uso esistono anche diversi quadri, tra cui la Bottega del macellaio di Joachim Beuckelaer conservato al Museo di Capodimonte.

Poiché le lingue parlate sono vive e si evolvono insieme alla società, planca si è trasformato con il tempo in chianca, che indica perciò l’oggetto sul quale era possibile visionare la merce che si aveva intenzione di acquistare e che contraddistingueva la bottega di colui che, a questo punto, bisognava chiamare chianchiere. Lo stesso processo lo possiamo constatare, per esempio, in chianella e pianella (pantofola), chiano e piano, chianto e pianto, chiazza e piazza.

Fonti:
– IL, Vocabolario della Lingua Latina (terza edizione), Loescher Editore.


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