“L’ho fatto, mi dispiace”, la tattica della camorra per evitare l’ergastolo
Ott 26, 2016 - Redazione
Quanto può essere sincero il pentimento di un criminale dinanzi all’ergastolo? La tattica che gli affiliati alla criminalità organizzata utilizzano per evitare la massima pena, è molto semplice: “Si, confesso di aver commesso il reato. Mi dispiace“. Poche semplici parole pronunciate in aula giudiziaria per avere uno sconto di pena. È quanto accade, spesso, nei processi legati alla camorra. È il caso, anche,di Cesare Pagano, boss della camorra accusato di duplice omicidio.
Pagano, lo scorso febbraio, decise di confessare il reato, dissociandosi dalla camorra e ammettendo di aver ordito quei delitti. Per lui, sconto di pena a 30 anni con attenuanti generiche. Una situazione paradossale, alla quale ha deciso di ribellarsi il pm Stefania Castaldi durante il processo per l’omicidio Montanino-Salierno. Come riferisce IlMattino.it, sono 15 gli imputati, e tutti hanno confessato le loro colpe. Ma per il pm, ciò non è stato sufficiente: 14 ergastoli e detenzione a 12 anni per l’armiere.
Un pugno duro che viene spiegato proprio dalla Castaldi: gli imputati hanno confessato solo “Dopo anni e tante possibilità di farlo prima – fa notare il pm – quando erano ormai coperti da una serie di elementi probatori. La loro intenzione non è solo avere un fine pena ma sperare in una attenuazione del regime carcerario“. Conclude: “La camorra è a vincolo definitivo, l’unico modo per uscirne, se non da morti, è collaborare con la giustizia. Non ci sono altre vie“.