Per il dizionario di Oxford, la parola del 2016 è “post-truth“, termine che potremmo tradurre in questo modo: post-verità o post fattuale. Cosa vuol dire? E’ un espressione che sta ad indicare la prevalenza dell’emotività e convinzioni personali sui fatti oggettivi. Una parola che identifica al meglio la società in cui viviamo, in cui spesso la verità viene nascosta o strumentalizzata, in favore di sentimenti populisti. Una verità spesso difficile da cogliere, anche a causa del lavoro svolto dagli organi di informazione.
Non di rado, infatti, incappiamo in notizie all’apparenza vere, ma che in realtà sono totalmente false. Delle bufale, insomma, che però fanno leva sulle emozioni di determinati lettori, i quali non riescono a discernere il vero dal falso. Questo accade, paradossalmente, tra i più giovani, quelli che più di tutti usano i social network e più in generale il web per informarsi. Proprio i giovani, infatti, non riescono a capire quando una notizia sul web sia vera o no.
La notizia è riportata dall’Ansa, che riprende uno studio dell’università di Stanford, basato su 8000 studenti delle superiori e dei primi anni dell’università. Lo studio, spiega l’autore principale, Sam Wineburg, in un comunicato, era focalizzato su la capacità di analizzare le news lette sui siti, sui ‘feed’ di Twitter e Facebook, sui commenti dei lettori di forum ma anche su post e foto di blog privati. E’ emerso che l’82% degli studenti non è in grado di distinguere tra una vera notizia e un contenuto sponsorizzato.
Il 40% ha, invece, legato automaticamente una foto di un cerbiatto con malformazioni a una notizia su Fukushima, anche se nell’immagine non c’era nessun accenno a dove fosse stata scattata. “Molte persone pensano che, poiché i giovani sanno usare i social media sono egualmente bravi a giudicare quello che c’è scritto – afferma Wineburg – ma il nostro lavoro mostra che la realtà è opposta“.