Il Campi Flegrei Deep Drilling Project (CFDDP) è un progetto internazionale di ricerca scientifica finalizzato alla comprensione della dinamica vulcanica dei Campi Flegrei e dei meccanismi che generano i fenomeni di sollevamento ed abbassamento della caldera (fenomeno conosciuto come bradisisma). Lo studio ha permesso di ricostruire l’evoluzione dell’attività eruttiva dei Campi Flegrei nel settore orientale, avvenuta fino a circa 47.000 anni fa. Molto interessanti sono i primi risultati emersi dallo studio, ottenuti dalla stratigrafia del pozzo di Bagnoli realizzato dall’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (OV-INGV), pubblicato sulla rivista ‘Geochemistry, Geophysics, Geosystems’ dell’American Geophysical Union.
“Questo studio stratigrafico”, spiega Giuseppe De Natale, dirigente di ricerca OV-INGV e coordinatore del progetto, “ha permesso di ricostruire, nel tempo, l’evoluzione dell’attività eruttiva in questo settore della caldera, fino a circa 47.000 anni fa. Le informazioni più importanti sono state ricavate dal rinvenimento nel pozzo dei prodotti delle due eruzioni principali che si pensa abbiano formato la caldera: l’Ignimbrite Campana, di 39.000 anni fa, e il Tufo Giallo Napoletano, di 15.000 anni fa”. In particolare, aggiunge De Natale, “mentre sino ad oggi la quasi totalità della letteratura scientifica ipotizzava che la caldera dell’Ignimbrite Campana contenesse anche la parte centrale della città di Napoli, i nuovi dati indicano chiaramente che la collina di Posillipo rappresenta il limite Orientale della caldera flegrea, sia per il Tufo Giallo Napoletano che per l’Ignimbrite Campana“.
Lo studio, quindi, mostra come i contorni della caldera lambirebbero soltanto la città di Napoli: “L’identificazione di Posillipo come limite orientale della caldera per tutte le eruzioni di collasso rappresenta un’indicazione importantissima per determinare correttamente la pericolosità vulcanica nel centro cittadino. Queste nuove importanti informazioni sull’evoluzione, la storia eruttiva ed i limiti strutturali della parte orientale della caldera permettono inoltre una sostanziale ri-valutazione della pericolosità vulcanica e degli stessi scenari eruttivi per la città di Napoli”, conclude De Natale.