I Foreign fighter esistono anche in Italia. L’Antiterrorismo della Polizia italiana ne ha identificati sei “presenti sul territorio nazionale”, su un totale di 110 combattenti dall’inizio del conflitto in Siria e Iraq che sono partiti per arruolarsi. “I foreign fighters collegati con l’Italia sarebbero 110. Tra essi 32 sarebbero deceduti nel teatro siro-irakeno, 17 sarebbero ritornati dal conflitto ma solo 6 si trovano sul territorio nazionale. Dieci sono donne (di cui 8 con cittadinanza italiana), 11 sono convertiti (ma solo 3 si sarebbero convertiti in Italia), 5 minorenni“, è pubblicato nel rapporto della Commissione di studio sul fenomeno della radicalizzazione e dell’estremismo jihadista consegnato ieri al presidente del consiglio Gentiloni.
Fortunatamente i numeri “sono decisamente inferiori a quelli della maggior parte dei paesi europei“. E i dati confermano: in Francia i fighters sono almeno 1.500 dalla Germania sono partiti in 1.000, in 500 dal Belgio. Ma il proselitismo, soprattutto attraverso la rete, è invece in aumento.
Ma il vero pericolo arriva dal web: “Il fenomeno più interessante è la crescita di veri e propri «cyber-propagandisti» del jihad, una comunità attiva anche in Italia intesa non come una struttura monolitica e compatta bensì come una rete dai nodi più o meno stretti“. “Anche in Italia è presente una scena informale che adotta l’ideologia jihadista”, destinata a crescere nei prossimi anni. L’Italia dovrebbe allinearsi al resto dell’Europa: “Al macro livello, adottando misure di contro-narrativa per contrastare l’attività del messaggio jihadista; al meso livello, attraverso misure di ingaggio positivo con le comunità e i segmenti ad alto rischio di radicalizzazione; al micro livello, attraverso interventi sui singoli individui, segnalandoli ad esponenti della società civile il cui compito è cercare di distoglierli dal credo jihadista“.
Al riguardo si è espresso in conferenza stampa a Palazzo Chigi il premier Paolo Gentiloni: “L’Italia sta facendo un grande sforzo sul contrasto alla radicalizzazione e alla minaccia terroristica e su questo fronte è necessario un impegno a medio termine assieme alle comunità islamiche, ingaggiandole in un’attività di prevenzione“.