Questa è la storia di un ragazzo come tanti del Sud Italia, non solo costretti a lasciare la propria terra ma a crescere già con la consapevolezza di un futuro tutt’altro che roseo.
“Vengo dal sud. Noi nasciamo e cresciamo con la certezza che da grandi dovremo lasciare tutto e andarcene. Ne hai la prova quando, a Natale e ad agosto, la mia cittadina si riempie di facce giovani accomunate dallo stesso destino”. Pierfelice Ciancia, ingegnere trentenne di Castrovillari in Calabria, si racconta al Fatto Quotidiano.
“Torno qui due o tre volte l’anno. Mi manca l’odore del mare e delle pinete. Mi manca mangiare pesce fresco un giorno e carne coi funghi quello dopo”, continua. “I miei genitori mi hanno spinto consapevoli della situazione dalle nostre parti”.
Da circa un anno e mezzo si è trasferito a Berna come consulente di Systems Engineering, nel campo dei dispositivi medici, ed è arrivato lì grazie alla Swiss Society of Systems Engineering. “Tre giorni dopo l’invio del cv, ho fatto il primo colloquio su Skype. Tempo una settimana e sono partito per Berna per un secondo colloquio. Ovviamente, tutto a loro spese. Poi è arrivata una proposta di lavoro. L’ho accettata senza pensarci un secondo“, racconta.
Pierfelice ha provato a rimanere in Italia e a cercare lavoro, trovando solo un impiego da barman: “I tre titoli in ingegneria mi avevano aiutato a trovare un contratto a tempo indeterminato, eppure sono uno dei tanti che ha scelto di andare all’estero dopo aver constatato che ci sono Paesi che offrono condizioni di gran lunga migliori in termini di qualità della vita, condizioni lavorative, equilibrio tra vita privata e ufficio”.
In Svizzera “nascono, crescono e lavorano intorno allo stesso posto e vicino a famiglia e amici. Da noi non ci sono opportunità“.