Sindaco di Cantù: “Cara Napoli, ti hanno derubato come hanno fatto con la Lombardia”
Mar 28, 2017 - Federica Barbi
Giornata lunga, quella di ieri, per il sindaco di Cantù, Claudio Bizzozero, che ha vissuto “il giorno del giudizio” dopo aver pensato alle dimissioni a causa del polverone sollevato dal suo attacco gratuito a Napoli. Alla fine, nulla di fatto, Bizzozero è rimasto al suo posto perché la giunta gli ha fatto notare che “un conto è il piano politico, un conto quello amministrativo e la nostra è stata un’ottima amministrazione, su questo siamo coesi”.
Ma Bizzozero sa di aver scatenato un putiferio mediatico e quindi, ancora una volta, nella scorsa notte, ha tentato di riappacificarsi con i napoletani, attraverso un lunghissimo post su Facebook: “Cara Napoli […] ti scrivo perché ti devo delle scuse. Ti ho usata. Mi devi perdonare se l’ho fatto, ma proprio non sopportavo che ti stessero sbeffeggiando in quel modo ignobile e che nel contempo così tanti tuoi cittadini lo tollerassero ed anzi persino approvassero. Non comprendevo come potesse, un milione di persone, non reagire di fronte a chi stava così platealmente leccando loro il culo (scusami il termine, ma così ci capiamo meglio) quando in realtà voleva prenderli per il culo”.
Il suo attacco, quindi, stando a quello che dice, era rivolto indirettamente a Napoli e direttamente a Matteo Salvini e alla Lega, che trova, senza ragione, molti consensi al Sud e nella città partenopea.
Così, Bizzozero, cerca di far leva su quello che c’è di più caro per i napoletani: la loro storia e le molte ingiustizie: “Averne di città con una storia millenaria come la vostra, una natura unica e prorompente, monumenti che fanno paura tanto sono belli. Che vi manca per trasformare tutto questo ben di Dio in un paradiso? Perché sì … io ho esagerato per attirare la vostra attenzione (e a quanto pare ce l’ho fatta però) ma … neanche tanto, quanto a criminalità e tutto il resto che di negativo c’è ed è innegabile. Un paradiso lo era di sicuro prima che arrivassero i Savoia ma adesso … sinceramente … qualcosa che non quadra c’è. E mi pare che su questo si possa essere d’accordo no?”.
Poi rincara la dose, “dispiacendosi” per la divisione tra Nord e Sud, che ha radici molto lontane: “Non so come la vedete voi, ma io penso che in realtà vi manchi una sola cosa … proprio quella cosa a cui mi avete dimostrato di tenere tanto: la vostra patria. Perché voi vivete a Napoli, ma Napoli non è più la vostra patria. Ve l’hanno tolta 150 anni fa, derubandola, massacrandola, violentandola. Ve l’hanno tolta pezzo per pezzo. Proprio come hanno fatto con la nostra qui. Che per noi si chiama Lombardia. E la loro (non nostra) guerra l’ha chiamata guerra di indipendenza (anche allora si usava dare strani nomi alla guerra) quando in realtà era solo una guerra coloniale. E i vostri partigiani li hanno chiamati briganti. E il nostro Cattaneo l’hanno fatto scappare in Svizzera. Hanno fatto finta di unirci noi e voi, 150 anni fa, ma in realtà il loro intento era di metterci gli uni contro gli altri. […]. Io dico “fogna” e voi vi scatenate (e io non sono un cazzo di nessuno). Quelli vi trattano come schiavi da 150 anni e voi niente. No, davvero …. dovete proprio spiegarmelo!”.
Un’arrampicata sugli specchi, diciamocelo chiaramente. Ma i napoletani sono intelligenti: oggi non ci cascano, domani gli riserveranno solo indifferenza. Il suo momento di notorietà, ottenuto grazie alla nostra città, è già terminato.
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