Dopo quel 13 dicembre 1250, giorno della morte di Federico II di Svevia, molte cose sarebbero cambiate. Terminava quell’epopea ricca di cambiamenti ed innovazioni. Lo Stupor Mundi era morto lasciando un’eredità culturale importantissima: il frutto più superbo di tale politica fu certamente l’università. Il tutto condito da una considerevole crescita burocratico-strutturale del suo Stato.
A Federico II successe suo figlio Corrado IV che però, per motivi dinastici, si stabilì in Germania. Il Regno di Sicilia finì, dunque, nelle mani del suo fratellastro Manfredi, figlio illegittimo di Federico II. Sotto la sua reggenza numerosi furono i malcontenti che, alimentati anche da papa Innocenzo IV da tempo desideroso di estendere il proprio potere sul Mezzogiorno continentale, sfociarono in una vera e propria sollevazione contro il monarca svevo accusato di non riconoscere la giusta autonomia tanto alle città quanto al ceto feudale.
Compresa la pericolosità della situazione, Manfredi decise di farsi promotore di una strategia di decentramento amministrativo, favorendo anche l’inurbamento dei baroni. Furono così gettate le basi per la nascita di un nuovo ceto dirigente che avrebbe giocato un ruolo importante nella storia successiva del Mezzogiorno. Tuttavia il papa continuò ad ostacolare il sovrano svevo.
Successore di Corrado IV sul trono di Sicilia fu suo figlio Corradino, al quale lo zio Manfredi faceva da reggente fino al raggiungimento della maggiore età. In questo scenario si concretizzò il colpo di mano di Manfredi che, incurante dei diritti del nipote, si proclamò re di Sicilia.
Fu ancora una volta il papa a determinare il corso degli eventi. Urbano IV subentrò al defunto Innocenzo IV. Di origini e simpatie francesi, il nuovo pontefice sfidò anch’egli la corona sveva. Impensierito dal fatto che il Regno di Sicilia potesse essere annesso al Sacro Romano Impero, decise di chiamare a favore della propria causa un monarca, almeno in teoria, più influenzabile dal papato.
La scelta ricadde su Carlo d’Angiò il quale accettò la proposta e discese in Italia, determinato a conquistare il regno. Manfredi e Carlo si affrontarono nella decisiva battaglia di Benevento, avvenuta il 26 febbraio 1266. Malgrado il valore e l’eroismo coi quali si contraddistinse in combattimento l’Hohenstaufen, tradito dai nobili che combattevano con lui, perì in combattimento.
Divenuto re di Sicilia Carlo d’Angiò instaurò un regime durissimo. Fu così che il popolo e proprio quegli aristocratici che avevano tradito Manfredi a Benevento, videro in Corradino il liberatore al quale appellarsi per porre fine alla tirannia angioina. Cresciuto in disparte, in Baviera, a causa delle ambizioni e della sete di potere dello zio Manfredi che lo escluse dal comando, l’ultimo svevo accolse volentieri la richiesta di aiuto dei ghibellini italiani e si pose a capo di una spedizione per liberare il Regno di Sicilia.
Incoraggiato dall’euforica accoglienza avuta in Veneto e dalle prime vittorie in Toscana sugli Angioini, Corradino fece l’errore di dare già per spacciato il suo nemico. Giunto alle porte del regno entrò in contatto col contingente militare di Carlo d’Angiò. Il 23 agosto 1268 ebbe luogo la tragica battaglia di Tagliacozzo. Dopo un iniziale vantaggio, l’esercito di Corradino venne travolto dalla cavalleria angioina. Lo svevo riuscì a mettere in salvo la vita e poco altro e si diresse verso Roma.
La Città Eterna si dimostrò però ostile nei confronti dello sconfitto, che proprio mentre stava per imbarcarsi, probabilmente verso la fedelissima Pisa, venne tradito e consegnato a Carlo d’Angiò. Processato e condannato a morte, venne decapitato, alla tenerissima età di sedici anni, nell’odierna piazza Mercato a Napoli il 29 ottobre 1268.
La fine della dinastia Sveva, estintasi proprio con Corradino, suscita sempre riflessioni e commozione. È bello constatare che dei sovrani stranieri furono stregati da Napoli e Palermo e per tanto investirono le loro energie e le loro vite a favore di quelle terre e popoli che li hanno accolti ed amati. L’avvento della dinastia angioina, caratterizzato da guerre e sangue versato, però non deve alterare il nostro giudizio su Carlo d’Angiò ed i suoi successori.
Gli Angioini, anche se in maniera diversa rispetto agli Hohenstaufen di Svevia, hanno contribuito attivamente a rendere grande tutto il Mezzogiorno, nobilitando in maniera particolare Napoli. Al capoluogo campano non solo venne attribuito il titolo di capitale, ma anche la risonanza ed il prestigio tipico delle città più grandi ed importanti della storia.
Fonti:
– Camillo Minieri Riccio, Alcuni studii storici intorno a Manfredi e Corradino della imperiale casa di Hohenstauffen.
– Giuseppe Del Giudice, Il giudizio e la condanna di Corradino: osservazioni critiche e storiche con note e documenti.
– Ornella Mariani, Gli Angioini nel Mezzogiorno.