Marito, padre, amico esemplare e anima di Palazzo Palladini: per gli amanti instancabili di Un Posto al Sole è semplicemente “Raffaele”, rappresentante perfetto di una soap che racconta Napoli e i napoletani. Le sue storie al Palazzo si snodano tra la guardiola, le vicende di casa con la moglie Ornella e i figli Patrizio e Viola e le esilaranti gag con Renato. Il suo personaggio, tra i più amati della soap, è il frutto di un’eccellente combinazione tra simpatia, leggerezza, profondità e intelligenza, sapientemente alternate a seconda degli eventi. Ad interpretare Raffaele è Patrizio Rispo, con cui Vesuviolive ha avuto il piacere di intrattenere una lunga chiacchierata.
Patrizio, Un Posto al Sole è tra le soap più amate dagli italiani, qual è la chiave del successo secondo lei?
“Non siamo amati solo dagli italiani, ma anche all’estero. Facciamo 18 milioni di ascolti in America, sono stato fermato da turisti francesi che ci guardano, siamo visti in Cina, in Giappone, siamo il programma più visto di Rai International. Molti pensano sia un grande successo campano, invece i maggiori ascolti sono al Nord Italia. La chiave è che non è più solo il successo di una fiction televisiva, la nostra formula esula dal programma televisivo in sé, ma è una formula di famiglia, una sorta di salotto culturale. Una mezz’ora di confronto sociale, una cosa molto rara oggi. Ognuno sceglie la sua storia e ci vive come parenti, non più come attori. C’è un’affezione reale che va al di là, l’incontro con i fan è particolare, mi abbracciano, mi sorridono, è un fenomeno da analizzare in sé al di là delle fiction televisive in generale”.
Nella soap vengono trattate anche tematiche sociali, come la camorra, ma sullo sfondo c’è sempre Napoli come solarità e bellezza: secondo lei, in questa società e in questa Italia, quanto è difficile liberarsi dall’etichetta negativa che viene affibbiata alla nostra città?
“Al di là del romanzato, noi siamo ispirati dalla cronaca, il che ci ha fatto invecchiare felicemente, perché siamo un prodotto che scorre come la vita. Abbiamo parlato di donazioni di organi, di sangue, di omosessualità, mettiamo allo specchio i delinquenti, ci sono analisi da fare che vanno ben oltre la mezz’ora televisiva. Non facciamo vedere solo quello, abbiamo fatto vedere Posillipo, la borghesia, raccontiamo il bello, abbiamo due personaggi che raccontano i beni culturali della città. Noi abbiamo contribuito al cambiamento, ci sono state analisi nel periodo di Gomorra che hanno scisso proprio la Napoli raccontata da Un Posto al Sole da quella di Gomorra e quella raccontata da altre cose. Esistono tante Napoli da cavalcare e lo stiamo facendo, non siamo più solo i film di camorra. Le ricchezze di Napoli sono inesauribili, i turisti mi dicono che ci sarebbe da viaggiare solo a Napoli per esaurire quello che ha da offrire”.
A proposito dei turisti, Napoli ne è inondata, e finalmente anche l’opinione pubblica italiana sembra aver puntato i riflettori su argomenti che non siano solo quelli di cronaca nera: cosa ne pensa?
“Alcuni eventi hanno convogliato molto turismo da queste parti e Napoli ha saputo offrirsi bene. Abbiamo capito l’importanza dell’industria turistica e culturale che c’è a Napoli, finalmente, e ancora tanto c’è da fare.
Ci sono stati dei tali scandali, da mafia capitale a quello che è successo nel Nord Italia, che hanno capito che da noi ci sono cosette rispetto a quello che si denuncia tutte le sere. L’attenzione si è spostata altrove ringraziando Dio”.
Lei era presente alla festa per il 120esimo anniversario della morte di Francesco II, deduco che abbia simpatie borboniche, conferma?
“I napoletani non possono non essere legati a quel momento storico. Quando feci l’inaugurazione del maggio dei monumenti 4 o 5 anni fa, a Palazzo Reale feci un intervento a braccio, c’erano tantissimi turisti, lessi il bilancio del Regno delle due Sicilie al tempo dei Borbone, rimasero esterrefatti, avevamo le casse delle banche stracolme di soldi che poi furono rubati dai sabaudi. Avevamo brevetti, invenzioni, la prima ferrovia, la prima assistenza ai poveri, l’albergo dei poveri, le pensioni sociali. Questo non significa che oggi sia monarchico, ma non posso non riconoscere l’illuminazione di quel periodo storico, tutto il mondo veniva qua. E’ stata snobbata quell’epoca come siamo snobbati ancora noi oggi. Siamo talmente rimasti illuminati aristocratici, dal popolo alla borghesia napoletana, che tutti gli esperimenti politici e culturali partono tutti da qua. Le teste che trovi negli ospedali di Milano, nei centri di ricerca, sono napoletani. C’è una dimensione mentale da abitanti di capitale che ci portiamo nel dna”.
Eppure c’è ancora una disparità di trattamento tra Nord e Sud.
“Non ci fanno arrivare soldi, dobbiamo lottare per averli. Le difficoltà sono enormi, vessazioni, malgoverno, corruzione, sono problemi nazionali che Napoli in particolare risente. Loro danno per scontato dei programmi, ma il Sud si è sempre ribellato. Ci sono stati Forza Italia, il Pd, noi siamo andati sempre controcorrente, Napoli ha scelto sempre per i fatti suoi. Non siamo stati a nessun gioco, ma questo ci ha penalizzato, perché siamo sempre in lotta, con la Regione che è di un altro partito, con Roma che è un’altra storia, ma è stato così sempre. Siamo scomodissimi e per questo ce la fanno pagare. Ci mantengono poveri per farci chiedere le elemosina, se fossimo autonomi non ci terrebbero più”.
Parlando del suo personaggio, quanto è simile al Raffaele che interpreta e quanto l’ha cambiata negli anni?
“Alla fine non so neanche più io chi sono, sono il frutto dell’unione tra me, quello che ero e il personaggio col quale convivo da 20 anni, però l’uno ha generato l’altro, perché anche gli sceneggiatori hanno cavalcato le mie curiosità, vedi la cucina, il giardinaggio, la musica. Per cui uno ha dato all’altro. Ormai non si tratta di interpretare il personaggio, lui ha una vita autonoma che io alimento con i miei umori, le mie crisi”.
Può anticiparci se il suo Raffaele subirà cambiamenti particolari?
“Per ora nessun cambiamento, io ogni tanto cerco di spiazzare con delle virate d’umore, vediamo un po’ dove mi metteranno”.