Non è mai facile capire i veri motivi della protesta e il sentimento che muove così tanta gente.
Di tanto in tanto tornando a casa in metro all’altezza della fermata “frullone San Rocco” ho una visione: il cemento cittadino in smisurati blocchi smette di esistere e “nel mezzo del cammin” mi ritrovo in una selva, un polmone verde, per lunghi tratti ancora incontaminato, che dà aria pulita a tutta la città, il Parco delle Colline Metropolitane. Il viaggio in metrò, però, è talmente veloce e carico dei pensieri giornalieri che quel verde diventa una scia troppo rapida da focalizzare, tante volte fai in tempo a chiederti soltanto dove si trovi o da dove si ha accesso, se un accesso esiste. Qualche tempo fa Luigi Sica,uno scrittore Piscinolese, mi parlava della sua preoccupazione per l’evolversi della situazione delle discariche nel Parco: “Il mio sogno sarebbe quello di poterci andare a pesca magari in un laghetto artificiale, nuotarci in estate in una piscina comunale o passeggiarci in primavera con i miei figli ”mi diceva, cosa che effettivamente succede nei grandi parchi di tante città nel mondo.
Il Parco Metropolitano delle Colline di Napoli si estende per 2.215 ettari nella parte nord-occidentale della città, da Chiaiano abbraccia l’intero sistema collinare di Napoli, tranne Posillipo, toccando alcuni paesi della provincia. E’ veramente molto vasto e ricopre circa un quinto dell’intero suolo cittadino. Tutta la struttura collinare poggia su un basamento di tufo giallo caotico, detto anche napoletano, caratterizzata dalla notevole presenza di valloni, di ampie conche e cavità naturali che si alternano a larghe strisce coltivate con sistemazione a terrazzamenti.
Sfruttata da secoli per la presenza nelle sue cave del tufo giallo, materiale con il quale sono stati costruiti gran parte degli edifici in città, si tratta prevalentemente di una zona agricola con un’ archeologia perfettamente preservata, alcuni sentieri secolari che centinaia di anni fa portavano da Napoli a paesi vicini sono ancora intatti. Insieme al centro storico è il territorio più pregiato della città, esso rappresenta una grande riserva ambientale a scala metropolitana che compensa l’eccessiva e sovraccarica urbanizzazione circostante.
Il Parco promuove un modello di sviluppo sostenibile, teso alla valorizzazione dei beni storici, con la riqualificazione dei centri storici di periferia, di quelli rurali e naturali con la conservazione delle aree verdi e di quelli culturali, con la rivalutazione dell’agricoltura periurbana.
Quest’area rappresenta il luogo dove sperimentare importanti interventi di trasformazione urbana su scala metropolitana capaci di ridisegnare la città ed attivare processi economici ed occupazionali basati sull’industria del tempo libero e del turismo ambientale e culturale paragonati agli interventi realizzati in città quali Parigi, Berlino e Barcellona. Il Parco Metropolitano delle Colline, un unicum nel suo genere, si propone come quale territorio della grande trasformazione urbanistica economica e sociale della città in collegamento con le trasformazioni avviate a Bagnoli, nel centro storico e nella zona orientale.
Preservare il parco è quello che chiedono ad uno Stato sordo i circa 5000 manifestanti che sabato 29 Marzo in una delle prime giornate di una ritrovata primavera si sono ritrovati a Chiaiano; la non contaminazione di una zona tradizionalmente a vocazione rurale: apicoltura, allevamento di ovini e coltivazione della ciliegia è fondamentale e dopo l’apertura, nonostante le grandi proteste, della prima discarica nel 2008, rimasta aperta fino al 2011 e poi chiusa per la forza di volontà degli stessi cittadini, l’apertura di un’ulteriore cava su un territorio già devastato potrebbe voler significare per migliaia di cittadini un ritorno ad un incubo già vissuto.
Parafrasando Pablo Neruda che diceva, in protesta contro il regime Cileno di Pinochet, “Potranno tagliare tutti i fiori ma non fermeranno mai la Primavera” e la Primavera a Chiaiano è appena arrivata.
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