Continuano i fermenti su tutto il territorio nazionale per il decreto ministeriale che impone di multare chi non accetterà pagamenti elettronici tramite POS. Gli ultimi a prendere posizione, pochi giorni fa, sono stati i portavoce di Confartigianato: in una nota le imprese cesenati dell’artigianato hanno ribadito la propria contrarietà all’uso della moneta elettronica, causa le eccessive spese a carico delle aziende e hanno comunicato di aver intrapreso varie azioni a tutela dei commercianti, tra cui una lettera al presidente del Consiglio.
Il POS (Point of Sale) è recentemente tornato agli onori delle cronache per via di un decreto datato 2012, poi modificato dalla legge di stabilità nel 2016: la nuova normativa, oltre ad abbassare la soglia di spesa minima per il pagamento elettronico a soli cinque euro, prevede anche sanzioni fino a trenta euro a carico degli esercenti che non accetteranno carte e bancomat. Da qui le proteste e le accuse dei sindacati e delle aziende di tutta Italia: i commercianti lamentano costi aggiuntivi e commissioni troppo alte. In caso di spesa ridotta infatti, il costo delle commissioni può raggiungere anche il margine lordo di guadagno.
La legge doveva diventare operativa già a settembre, tuttavia il decreto applicativo contenente la disciplina di modalità, termini e importo delle sanzioni non è ancora arrivato e si attendono delucidazioni. Il pericolo di multa non è dunque una possibilità concreta, almeno per ora. Come spiegato dal viceministro Cesaro, il Pos rappresenta uno strumento dai molteplici vantaggi: la possibilità di pagamento elettronico, anche per una cifra modesta, consentirebbe al cliente una maggiore libertà di scelta su come pagare, gli eviterebbe l’onere di girare con addosso contanti e obbligherebbe al contempo l’esercente o il professionista a emettere fattura.
I pagamenti elettronici sono, infatti, per loro natura tracciabili e ciò li rende poco funzionali all’evasione fiscale. Oltre a configurarsi come strumento prioritario nella lotta al nero, la diffusione del Pos è considerata dal governo centrale anche un fattore di ammodernamento: il nostro Paese è infatti fanalino di coda in Europa per pagamenti digitali e moneta elettronica.
Se in Gran Bretagna e Germania è possibile acquistare con carta anche solo un caffè, oltreoceano il pagamento elettronico è la normalità: è cosa nota che negli Stati Uniti chi paga in contanti sia addirittura visto con diffidenza dagli albergatori. Nemmeno l’annuncio che il Ministero dell’Economia stia elaborando provvedimenti ad hoc per settori che risulterebbero maggiormente penalizzati dal pagamento elettronico e studiando sgravi fiscali per gli esercizi che prediligono la moneta ettronica, come tabaccai e benzinai, basta a tranquillizzare i commercianti e i professionisti italiani.
Le nuove disposizioni prevedono infatti la possibilità di estendere l’obbligo anche a medici, avvocati, autotrasportatori e subfornitori: in questi casi, scrive Confartigianato, si tratta di attività che ricevono già adesso pagamenti tracciabili. È evidente che in questi casi il Pos avvantaggia solo le banche.
Analoga la posizione dell’Ascom di Torre del Greco: «Le passate disposizioni di legge obbligavano tutti gli esercizi commerciali a dotarsi di dispositivi di pagamenti, siccome l’imposizione non prevedeva sanzioni non ci siamo eccessivamente preoccupati. Oggi completando il decreto il governo mette sanzioni anche onerose per chi rifiuta pagamenti telematici. Non c’è una posizione oggettiva al problema perché come al solito tali disposizioni sono fumose e soggette a successive modificazioni. La posizione della mia associazione è chiara e mi auguro che a livello nazionale le nostre associazioni abbiano voce unanime.
Se il Governo intende accodarsi a quanto è già operativo nell’Europa del Nord cioè limitare la circolazione di denaro contante che determinerebbe un costo minore nelle spese dello Stato, non vedo perché questa operazione deve essere fatta a spesa del contribuente. I costi bancari di queste operazioni sono a carico del commerciante, le banche non regalano niente a nessuno, andiamo ad aggiungere a questi costi una eccessiva tassazione e ne otteniamo un quadro più che fosco per i commercianti. È ora che il Governo che obbliga i commercianti a dotarsi di apparecchi per il controllo degli incassi lo faccia a sue spese e non a spese di un contribuente che fino a prova contraria oggi fa i salti mortali per restare a galla.
I commercianti condividono il progetto di semplificazione ed economia del sistema monetario, ma non a loro spese. Oggi come diceva un nostro anziano commerciante, “friggiamo il pesce con l’acqua”, certamente altri costi di gestioni non ce li possiamo permettere. Costringeremo le nostre Associazioni nazionali ad opporsi a queste manovre scellerate», dichiara il presidente G. Esposito.
Qui in città il POS è prerogativa di pochi esercizi, solo i più grandi come ristoranti e grandi boutiques: solo un’attività commerciale su 10 ha installato il Pos tradizionale, per carte di debito, previsto dalla legge. «Prevedo già che molti clienti ne approfitteranno per evitare di pagare. Se la spesa è solo di pochi euro, infatti, noi commercianti tendiamo a far credito piuttosto che accettare il pagamento elettronico, che ci costa più di quel che guadagneremmo.
Il governo almeno dovrebbe alzare la soglia di pagamento o tener conto delle difficoltà tecniche che possono insorgere quando il Pos non funziona. Il cliente lascia i dati e può ritornare in seguito, ma chi ci garantisce che lo farà?», si lamenta il titolare di un bar di via De Gasperi. Per ora l’obbligatorietà del Pos è certa, la sanzionabilità, in attesa del decreto applicativo, è solo sulla carta. In attesa di una legge meno lacunosa, l’Italia dei commercianti si è già mobilitata per manifestare il proprio malcontento alle competenti commissioni parlamentari.