Se dal letame nascono i fiori, come cantava De André, dal dolore possono nascere dei veri e propri miracoli. Quello di Lucia ne ha di certo tutte le stigmate: il male più atroce e il perdono nei confronti di chi l’ha causato. Sì, Lucia Montanino ha perdonato la persona che ha tolto la vita a suo marito e ora è divenuto persino il suo angelo custode, la “nonna” per i suoi figli. La storia è raccontata da Dario Del Porto di Repubblica.
Questa incredibile storia di ferocia, amore e riscatto ha inizio nel lontano 2009: Gaetano Montanino è una guardia giurata in servizio presso Piazza Mercato, a Napoli, quando viene aggredito da 4 malintenzionati che vogliono sottrargli la pistola. Finirà in un bagno di sangue, con Gaetano assassinato e i suo carnefici in galera. Tra questi anche un minorenne, Antonio, di soli 17 anni. Una settimana prima gli era nata una figlia, di solo qualche anno più grande quella che lui ha lasciato senza padre.
Lucia all’epoca ha 45 anni e un dolore che solo la sua bambina può alleviare, almeno in parte. Una rabbia che non le permette di ascoltare l’insistente richiesta dell’aguzzino del consorte: Antonio, rinchiuso nel carcere minorile di Nisida e condannato a una pena detentiva di 22 anni, vuole incontrarla. Lucia no, proprio non ne vuol sapere, non riesce a immaginare cosa abbia da dirle una persona tanto malvagia. Lo scoprirà, però, il 21 marzo 2016, pochi mesi prima del suo trasferimento da Nisida a Poggioreale e dell’impossibilità definitiva di questo incontro, che è lei stessa a raccontare:
“Eravamo sul lungomare, alla marcia di Libera. Mi sentivo stanchissima. Mi trovavo accanto a don Tonino Palmese, quando il direttore di Nisida mi disse che Antonio era lì. Sul palco. Rivolsi lo sguardo verso di lui. Cercavo un mostro, vidi un ragazzino. Tremava, piangeva. Non ho mai avvertito tanto dolore negli occhi di una persona. Era come un animale ferito dal male che lui stesso aveva provocato. Mi sono avvicinata. Antonio mi ha abbracciata. Chiedeva perdono. ‘Non dovevo farlo. Non lo farò più’. Mentre parlava, stava per svenire. Mi sentii di stringerlo, di accarezzarlo. ‘Ormai è fatta. Ma ora devi promettermi che cambierai vita’, gli ho risposto“.
Da quel giorno Antonio ci sta provando davvero, anche e soprattutto grazie all’aiuto della donna a cui ha ucciso il marito: fa le pulizie per una cooperativa e a volte anche il cameriere. Soprattutto, lavora in un bene confiscato intitolato proprio a Gaetano Montanino.
E alla fine non ha cambiato più nemmeno il carcere, sempre per intercessione di Lucia: “Non sono la madre di questo ragazzo, né una terapista. Ma ci sto mettendo grande impegno. Amavo tantissimo mio marito. Ogni volta che vedo Antonio, vedo il dolore. Ma sapere che dal sangue di Gaetano sta nascendo qualcosa di buono, mi dà sollievo. A volte penso che sia un miracolo“. Impossibile darle torto!