Lo scorso 7 luglio, dalla Quinta sezione della Corte di Assise di Napoli, veniva pronunciata la sentenza di condanna ad ergastolo per Raimondo Caputo, detto Tito’, con l’accusa di aver ucciso la piccola Fortuna Loffredo, la bimba che nel 2014 fu lanciata da un balcone del Parco Verde di Caivano. Alla sua compagna, invece, Marianna Fabozzi, venivano comminati 10 anni di reclusione per concorso negli abusi sessuali dall’uomo su altre tre bimbe.
Dopo 3 mesi, iniziano ad emergere le motivazioni della sentenza. 186 pagine che ripercorrono le varie tappe delle indagini, esaminando ogni particolare che ha indotto la Corte ad infliggere il massimo della pena a Tito’. Quest’ultimo viene descritto come “privo di qualsiasi senso morale”, e classificato come un “sex offender”.
Per la Corte, scrive Il Corriere del Mezzogiorno, il processo “ha fornito elementi plurimi e convincenti per affermare che il giorno dei fatti Raimondo Caputo, nella deliberata esecuzione di un atto di predazione sessuale ai danni di Fortuna, l’ha portata con sé sul terrazzo all’ottavo piano ed è rimasto con lei fino al momento della precipitazione. In ogni caso quale che sia la ragione contingente che ha spinto Caputo all’omicidio – scrivono ancora i giudici- essa si palesa comunque come aberrante e perversa, priva di qualsiasi senso morale e rispetto per l’altro”.
Per quanto riguarda Marianna, invece, per i giudici “ha avuto conoscenza o conoscibilità di condotte abusanti del suo convivente. Ha di fatto accettato quel malessere (delle bimbe, ndr) e rinunciato a qualsiasi pur minima azione doverosa per impedirlo. Ha sacrificato la integrità morale e psicofisica delle bimbe per offrire appoggio e copertura ad un uomo talmente depravato da accusarlo di averlo costretto ad abusare della figlia per mero scopo di compiacenza o convenienza personale”.
Fondamentale, nelle indagini, la testimonianza dell’amica del cuore di Chicca, che raccontò di aver visto lanciare nel vuoto la bambina.