I vulcani campani sono famosi nel mondo per la loro attività vulcanica ancora in corso e per la quantità di essi presenti nel territorio, abbiamo infatti quelli dei Campi Flegrei ed il Vesuvio e la loro attività è tenuta sotto controllo dall’Osservatorio Vesuviano.
Il compito di monitoraggio non è cosa facile, ad occuparsene dovrebbe essere un team specializzato di almeno dodici persone tra geologi e geochimici ed inoltre dovrebbero essere utilizzati sismografi adeguati e strumentazione sofisticata, visto che il rischio che l’attività vulcanica subisca un aumento è alto, eppure le persone addette ai controlli purtroppo sono solo quattro, un numero molto esiguo se si considera che il territorio da tenere sotto controllo è vasto, ma non solo i geochimici sono costretti a fare turni massacranti di dieci ore al giorno per garantire l’analisi dei dati della rete di sorveglianza vulcanologica.
Anche per i sismografi sorge il problema, in quanto sono costretti a lavorare con un unico sismografo mobile. Con queste caratteristiche è chiaro che non è possibile assicurare la migliore copertura possibile del servizio di monitoraggio.
L’allarme della carenza di personale arriva proprio quando l’attività dei Campi Flegrei è in stato di attenzione (giallo). La carenza di personale e di strumentazione può essere il risultato di una mancanza di fondi destinati alla ricerca e alla mancata organizzazione dell’ Ingv l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, dal quale dipende l’Osservatorio.
La situazione è ritenuta grave dai ricercatori, come riporta il Corriere del Mezzogiorno, che è stata avvertita anche la Procura di Napoli.
Sembra quasi che più il rischio si alzi e meno si voglia porre l’attenzione sulla questione. Il monitoraggio dovrebbe essere tra le prime preoccupazioni della Regione in quanto il rischio di eruzione è comunque reale e per avere una copertura maggiore bisogna avere più personale e strumentazione adeguata.
Il direttore della Sezione di Napoli – Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (OV-INGV), Francesca Bianco, in merito all’articolo “Corriere del Mezzogiorno, edizione Campania” dal titolo “Osservatorio, strumenti lasciati in deposito. Buchi nella rete che sorveglia i vulcani”, smentisce categoricamente il contenuto e dichiara quanto segue (25 ottobre):
“Non corrisponde al vero l’esistenza di strumentazione mai entrata in funzione; la strumentazione acquistata con finanziamenti regionali e del MIUR, in particolare con i fondi dei progetti “Vulcamed” e “Sistema”, risulta installata e pienamente utilizzata.
Tutta la strumentazione acquisita con il progetto “Sistema” è stata installata da tempo a Ischia e nei Campi Flegrei con il potenziamento della Rete GPS (7 nuove installazioni), del monitoraggio termico ad immagine (una nuova installazione), del monitoraggio geodetico (con 2 riflettori per satelliti), del monitoraggio ad immagine remoto (2 droni) e del monitoraggio della CO2 con termocamera portatile. Inoltre, è stata realizzata la duplicazione minimale dell’infrastruttura informatica e telematica della sala monitoraggio OV-INGV presso la SORU-RC (Sala Operativa Regione Campania).
Il Progetto Vulcamed ha permesso di acquisire strumentazione sismica sia per le reti permanenti che mobili: con quelle permanenti (poco meno di 50) si è potenziato il monitoraggio delle aree vulcaniche campane; quelle mobili, inclusi gli array sismici, si usano per campagne di misura, esperimenti o in caso di emergenze. Il Progetto Vulcamed ha permesso anche il potenziamento strumentale delle reti geodetiche (17 installazioni); termiche IR (infrarosso 3 installazioni); infrasoniche (4 installazioni) nonché dei Laboratori Geochimici e Petrologici. La predetta strumentazione risulta installata e pienamente utilizzata.
L’unica strumentazione non utilizzata e attualmente collocata nei laboratori dell’OV-INGV è quella di riserva, oltre quella in manutenzione. Gli strumenti geoelettrici, magnetotellurici, di sismica, vengono regolarmente usati per campagne periodiche ed esperimenti“.