I Borbone erano stranieri? Loro parlavano napoletano, i Savoia e Cavour francese
Mar 17, 2018 - Francesco Pipitone
Il 17 marzo 1861 avvenne ufficialmente l’unificazione dell’Italia e, puntualmente, ogni 17 marzo ricorrono varie questioni. Tra l’origine della questione meridionale, l’epopea garibaldina e il revisionismo del Risorgimento torna sempre un argomento che per molti è pacifico, senza tuttavia esserlo affatto: i Borbone sarebbero stati occupatori stranieri.
Chi erano i Borbone di Napoli?
Tra i meriti di Garibaldi, Vittorio Emanuele II e il conte di Cavour ci sarebbe quello di aver cacciato l’oppressore straniero, spagnolo, dai territori dell’ex Regno delle Due Sicilie. Eppure bisogna sottolineare come i sovrani borbonici fossero tutti nati a Napoli o Palermo e parlassero napoletano, ad eccezione di Carlo, il capostipite del ramo Borbone Due Sicilie, che però prese lezioni di napoletano per meglio comprendere il suo popolo. Le lingue ufficiali del Regno delle Due Sicilie erano l’italiano e il latino.
Chi erano davvero i Savoia?
Il Regno di Sardegna aveva come lingue ufficiali il francese e l’italiano, con la prima che prevaleva nettamente sulla seconda. I Savoia parlavano piemontese e francese e dalla relazione di Jessy Mario White sulla prima riunione del Parlamento italiano emergono le enormi difficoltà dello stesso Cavour a esprimersi in italiano. Cavour viene infatti descritto come balbettante, una balbuzie che in realtà deve essere spiegata con il disagio nell’esprimersi in una lingua scarsamente conosciuta come l’italiano.
Significativa fu la scelta di Vittorio Emanuele II che tenne il proprio numerale invece di diventare Vittorio Emanuele I d’Italia. Si potrebbe leggere in tale decisione la volontà di sottolineare la continuità con il passato, perciò l’annessione degli altri stati della penisola sarebbe una mera conquista di Casa Savoia, un’estensione del proprio dominio.
Giuseppe Garibaldi nacque a Nizza nel 1807, in un periodo in cui la città era francese. All’anagrafe fu registrato come Joseph Marie Garibaldi e si pentì presto di aver dato il Mezzogiorno ai Savoia. La sua famiglia era di origine genovese ed egli stesso si mostrò, da giovane, ostile ai francesi. Garibaldi, quindi, durante la propria vita ha scelto di essere italiano, forse perché realmente credeva negli ideali patriottici. Si dimostrò subito ostile al governo di Cavour, già nella prima riunione del Parlamento, quella cui abbiamo accennato sopra.
“Gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili. Ho la coscienza di non aver fatto del male. Nonostante ciò non rifarei la via dell’Italia Meridionale, temendo di essere preso a sassate, essendosi là cagionato solo squallore e suscitato solo odio”. Così Garibaldi in una lettera all’amica Adelaide Cairoli.
Giuseppe Garibaldi morì povero a Caprera, in esilio. Nel tentativo di prendere Roma fu inseguito, arrestato e ferito da armi italiane. Fu autore di poesie in italiano e francese.
È interessante infine leggere con attenzione quello che scriveva Francesco II in partenza per l’esilio: “Io sono napolitano; nato tra voi, non ho respirato altra aria, non ho veduto altri paesi, non conosco altro che il suolo natio. Tutte le mie affezioni sono dentro il Regno: i vostri costumi sono i miei costumi: la vostra lingua è la mia lingua; le vostre ambizioni mie ambizioni”.
Per napolitano si intende non abitante nella città di Napoli, bensì l’essere cittadino nella Nazione Napolitana che si estendeva dalla Sicilia a Civitella del Tronto, l’ultima città del Regno delle Due Sicilie ad arrendersi il 20 marzo 1861, tre giorni dopo la proclamazione del Regno d’Italia. Il termine duosiciliano appare invece un’invenzione dei nostri giorni.
Francesco II, insomma, non riteneva se stesso straniero e di fatto non lo era, essendo l’ultimo rappresentante di una dinastia che ha regnato per poco meno di 130 anni quasi ininterrottamente, che parlava la lingua del proprio popolo e con esso si identificava, del quale aveva le stesse tradizioni. La campagna meridionale sabauda allora tutto fece, tranne che cacciare un occupatore straniero.