Da sabato scorso l’Italia ha i due nuovi presidenti di Camera e Senato: Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati. Figure scelte di comune accordo tra il centrodestra ed il Movimento 5 Stelle. Nello specifico, il neo presidente napoletano è espressione del partito fondato da Beppe Grillo. Già dal suo discorso di insediamento, Fico ha subito voluto mettere in chiaro quale sarà uno dei primi provvedimenti del Movimento 5 Stelle, qualora si riuscisse a formare un governo pentastellato: il taglio dei costi della politica.
“Il taglio ai costi della politica è uno dei principali obiettivi della legislatura: razionalizzare costi della Camera senza tagliare i costi della democrazia. Qualcosa è stato fatto, tantissimo resta da fare“. Parole che lasciano spazio a diverse interpretazioni. Che la prossima sarà una legislatura piuttosto difficile lo si è capito da tempo. D’altronde, abbiamo un Parlamento senza maggioranza, figlio di quel proporzionale introdotto dal Rosatellum.
Inusuale, per certi versi, parlare di un tema che ha così presa sul popolo italiano se non si avesse la certezza che tra non molto si potrebbe tornare nuovamente a votare, magari con un’altra legge elettorale. Nel giro di pochi giorni, Fico è passato dalle parole ai fatti, rinunciando all’indennità che gli spetterebbe da presidente della Camera dei deputati.
“Ho deciso di rinunciare totalmente e con effetto immediato all’indennità di carica che mi spetterebbe come presidente della Camera dei deputati – ha spiegato con un post su Facebook – Il motivo è molto semplice. Sono convinto che il taglio ai costi della politica – che non significa taglio dei costi della democrazia – e il superamento definitivo dei privilegi debbano essere delle priorità di questa legislatura“.
Il nobile gesto di Fico riguarda, nello specifico, alla rinuncia di 4.668,45 euro al mese, per un risparmio di circa 280.000 euro di risorse pubbliche per l’intera legislatura. Al di là della rinuncia di questi soldi – un gesto, lo ripetiamo, sicuramente lodevole – resta il dubbio che questa non sia altro che una mossa elettorale. Visto il futuro precario ed incerto della prossima legislatura, il taglio dei costi della politica sembra l’obiettivo più concretamente realizzabile e rivendicabile nella prossima – forse addirittura imminente – campagna elettorale.