Teramo – Ieri una studentessa molisana dell’Università Federico II di Napoli si è tolta la vita lanciandosi nel vuoto dal tetto della sede dell’ateneo di Monte Sant’Angelo. Motivo dell’estremo e disperato gesto sarebbe stato, stando alle prime ricostruzioni, il percorso universitario della giovane: per parenti e amici si sarebbe dovuta laureare quel giorno, ma, in realtà, era ancora molto indietro con gli esami e pur di non dire la verità avrebbe scelto la morte.
Una tragedia che colpisce tanti giovani come lei che cercano di giostrarsi fra la vita e lo studio, fra le aspettative della famiglia e la realizzazione personale; un dramma che apre gli occhi sulla fragilità di chi ogni giorno lotta per non deludere gli altri e sé stesso. Il caso di Napoli ha colpito anche il prof. Guido Saraceni, docente di Filosofia del Diritto presso l’Università di Teramo e famoso per le considerazioni che pubblica sulla sua pagina Facebook.
Il docente, scosso dalla vicenda di ieri, ha scritto e pubblicato sui social una lettera che dovrebbe essere d’insegnamento a tanti studenti, ma, soprattutto, a familiari e docenti che puntualmente rendono l’università una corsa contro il tempo ed una gara fra giovani:
“Per quanto mi riguarda, la giornata delle lauree è un giorno di lavoro non meno faticoso e stressante di altri. I candidati devono essere attentamente ascoltati, interrogati e valutati. I voti devono essere discussi, spesso anche lungamente, con una commissione di colleghi che non sempre hanno le stesse idee, la stessa sensibilità culturale o lo stesso identico orientamento in tema di voti.
Eppure, la giornata delle lauree per me è anche una giornata gioiosa. Guardando il volto dei genitori, degli amici, dei parenti accorsi per sostenere e supportare il proprio candidato, partecipo volentieri della loro felicità, ne percepisco l’orgoglio e l’emozione. Mentre il candidato parla, sono tesi come corde di violino, attenti ad ogni singola parola, con gli occhi lucidi e lo sguardo fiero. Dopo, si lasciano andare ai festeggiamenti, con tanto di cori e coriandoli.
La giornata delle lauree celebra la maturazione, la fatica e l’impegno dei nostri studenti. Ha il sapore della speranza nel futuro.
A queste cose ho pensato ieri, quando letto che una ragazza di Napoli, il giorno delle lauree, è salita sul tetto dell’Ateneo e si è lanciata nel vuoto: aveva detto a parenti ed amici che quel giorno si sarebbe laureata, ma non aveva completato il ciclo di studi.
L’Università non è una gara, non serve per dare soddisfazione alle persone che ci circondano, non è una affannosa corsa ad ostacoli verso il lavoro.
Studiare significa seguire la propria intima vocazione.
Il percorso di studi pone lo studente davanti a se stesso.
Cerchiamo di spiegarlo bene ai nostri ragazzi. Liberiamoli una volta per tutte dall’ossessione della prestazione perfetta, della competizione infinita, della vittoria ad ogni costo.
Lasciamoli liberi di essere se stessi e di sbagliare.
Questo è il più bel dono che possono ricevere.
Il gesto d’amore che può letteralmente salvarne la vita.”