Nelle ore in cui veniva compiuta la rotazione della Costa Concordia, lui, Francesco Schettino, il comandante di quella nave da crociera andata a impattare la sera del 13 gennaio dell’anno scorso sulla costa del Giglio, se ne stava rintanato nella sua casa di Meta. Forse a guardare in tv momento per momento l’operazione di riemersione completa della nave, di sicuro, secondo quanto riferisce chi lo conosce, riunito con i suoi legali a studiare le carte del processo che lo vede imputato a Grosseto per il naufragio della nave e le mosse in vista della prossima udienza del 23 settembre.
Quasi deserta, e senza giornalisti e telecamere, via San Cristoforo, la strada dove si trova la sua abitazione in costiera. Sui portoni che si susseguono nello stretto vicolo i nomi di alcune famiglie storiche di Meta, soprattutto armatori.
Nessuna risposta a chi prova a bussare al citofono per avere un parere sull’operazione di recupero della nave. Sulla targhetta vicino al citofono di casa Schettino c’è uno spazio bianco. Niente nome, forse per allontanare i curiosi. Una donna del posto racconta che fino a pochi giorni fa il comandante Schettino usciva di casa, raggiungeva il vicino bar e parlava al cellulare per molto tempo. In qualche altro caso prendeva il suo scooter e raggiungeva un vicino ristorante. Da un po’ di tempo, invece, non si è più visto in strada. «Non parla neppure con me», riferisce Carlo Sassi, ex sindaco della cittadina della penisola sorrentina, «portavoce» e strenuo difensore del comandante nelle fasi successive al momento del disastro. «Sono mesi – aggiunge Sassi – che non lo sento. Non mi chiama, non si è fatto più sentire». Alla domanda su quale possa essere il motivo di questo drastico cambiamento, Sassi risponde «che forse è la nuova linea difensiva dell’ultimo avvocato. Sa – conclude – ne ha cambiati in questi mesi». Un giornalista lo ha incrociato per caso in strada qualche settimana fa. Gli ha chiesto che ne pensasse di Ligabue che ha inserito un riferimento a Schettino in una delle sue ultime canzoni, come esempio di Italia negativa. Lui ha scrollato le spalle e affrettato il passo senza aprire bocca facendo perdere le tracce nei vicoli di Meta. Cosa pensi dentro di sé lo ha ammesso pubblicamente davanti ai giornalisti che lo rincorrevano lo scorso 30 gennaio a Torre Annunziata in una pausa della causa di lavoro che lo vede contrapposto alla Concordia: pochissime parole ma per far capire chiaro e tondo che lui vorrebbe tornare al timone di una nave. Del resto, quello al Giglio, secondo quanto ha ripetuto più volte, «non era un inchino ma un passaggio vicino all’isola, pianificato con la Costa». E poi, guai a infangarne l’onore di comandante: «Sono stato l’ultimo a lasciare la nave dal lato sommerso»
Fonte: Metropolisweb