Della raccapricciante situazione accaduta sabato sera davanti allo Stadio Olimpico di Roma se ne sta parlando senza sosta ma, di sicuro, sembra non non esserci proprio niente; a parte la notizia di un ragazzo che versa in condizioni disperate all’ospedale Gemelli (che con molta probabilità non camminerà più) e l’immagine trionfante (perfetta da sbattere in prima pagina) di un noto capo ultrà, figlio di camorrista, che indossa una vergognosa maglietta dallo slogan “Speziale libero“.
A due giorni dalla finale di Coppa d’Italia lo sport sembra aver lasciato spazio a notizie da guerriglia urbana, con tanto di feriti (anche gravi) e camorra, criminalità e violenza. Dov’è finito lo Sport. Lo spettacolo. La freschezza di una serata allo stadio popolato da bambini e figure istituzionali?
Lo sport sembra non esserci neppure stato, come una sorta di scabroso pretesto per scatenare l’inferno. Senza contare la trattativa tra Stato e Camorra avvenuta, come sottolinea il giornalista Gigi Di Fiore in un articolo pubblicato su IlMattino.it, sotto gli occhi del presidente del Consiglio, del presidente del Senato, e dei rappresentanti di più istituzioni in completo silenzio. Spettatori muti di una delle pagine più tristi e volente dello sport italiano.
Non si era mai arrivati a tanto. Non si era mai arrivato alle pistole. E come ricorda il giornalista in mezzo a quest’assurda baraonda c’era Alessandra Amoroso a cantare un “Inno di Mameli” clamorosamente fischiato da uno stadio intero.+
Un anti- inno che potrebbe rappresentare qualcosa di più sottile del semplice disappunto di un manipolo di tifosi invasati. Come sottolinea proprio Di Fiore, dietro quei fischi si cela il malcontento di migliaia di persone assolutamente incapaci di riconoscersi in un Paese istituzionale che non esiste.
Non esistito né dentro né fuori lo Stadio. Perché non esiste quando c’è da soccorrere il popolo e non esiste quando gli viene chiesto un gesto in grado di esprimere disappunto e distanza nei confronti di quell’insensato teatrino che vedeva un trionfante Genny a’carogna dettare legge di fronte ad un’Italia intera.
Ma da dove vengono quei fischi? Il giornalista ricorda che quei fischi vengono da un passato nemmeno troppo lontano. Proprio quei fischi furono (e sono) il frutto di una protesta che trovò voce nel 2012 (a seguito della finale di Coppa Italia 2012 di Napoli-Juve) sul web, ed in particolare su una pagina Facebook: “Ho fischiato anche io!” con ben 7400 iscritti, portavoce di una protesta che va ben oltre i degni confini di un campo di calcio.
Fischi che, secondo Di Fiore (così come Vesuviolive.it) non vanno trascurati e che soprattutto non vanno confusi con la voce del “solito” tifoso, perchè quella era ed è, anche la voce della gente che non ne può più. Non solo tifosi, ma cittadini di un’Italia incapace a rappresentare il suo popolo.