60 giorni passati a parlare del nulla. Il governo “gialloverde” tra Lega e Movimento 5 Stelle era già pronto dopo il 4 marzo, ma solo ieri sera è arrivata la svolta decisiva nelle trattative di governo. Di Maio e Salvini potranno, finalmente, fare il governo. Come riusciranno a coniugare due programmi politici, però, ancora non è dato saperlo. Grazie a chi, invece, è sotto gli occhi di tutti: Silvio Berlusconi.
Con un passo di lato, il Cav non voterà la fiducia a questo nuovo governo, ma si asterrà, consentendo così alla coalizione di centrodestra di non spaccarsi. Salvini, quindi, non si presenterà più come leader di una coalizione del 37%, ma come capo politico di un partito che ha preso il 17% alle scorse elezioni.
Berlusconi, vista la “transumanza” di voti da Forza Italia al Carroccio, ha preferito il male minore: evitare le elezioni. A che prezzo, però? Questo, non è dato ancora saperlo. Se ci sarà o meno la legge sul conflitto di interessi è presto per dirlo. Ma, certamente, Berlusconi avrà avuto garanzie in tal senso da parte di Salvini, che dovrà fare gli interessi anche del leader forzista.
Non ci dimentichiamo, naturalmente, di Luigi Di Maio e del suo Movimento. Il partito grillino ha ottenuto un plebiscito al Sud, ed aspira, legittimamente, a diventare la guida del paese. Già, almeno di una parte di esso. Perché il 4 marzo ci ha raccontato di un’Italia, ancora una volta, divisa in due. Diverse settimane fa ci chiedemmo se un eventuale accordo tra Lega e M5S potesse significare la fine per il Movimento al Sud.
Come si ripresenterà Di Maio agli elettori del Meridione dopo aver fatto un accordo con il partito che, da più di 20 anni, ha osteggiato e denigrato il Mezzogiorno? In realtà, Di Maio – e più nello specifico il Movimento 5 Stelle – ha più volte dimostrato scarsa coerenza rispetto a quanto detto in campagna elettorale. Quindi, se la Lega (assieme a Berlusconi) era il male assoluto, oggi non è più cosi. E la flat tax non è poi così incostituzionale, se in cambio si ottiene un Ministero importante.
E per una poltrona in più, va bene anche dimenticarsi di chi ti ha dato fiducia. Il leader pentastellato non si è fatto troppi problemi, insomma, a rinnegare la vocazione meridionalista del suo partito. Basterà un contratto di governo con Salvini per non perdere la faccia (e la fiducia) davanti ai milioni elettori del Sud?