Dal diploma falso agli slogan fascisti: le ombre di un campione come Buffon
Mag 17, 2018 - Alina De Stefano
Oggi, la Juventus perde un altro campione, un fuoriclasse che ha saputo glorificare con le sue gesta atletiche il nome dell’Italia su un terreno di gioco: Gigi Buffon.
Il portierone della Nazionale italiana e della Juventus è indiscutibilmente un grande vanto italiano. Un atleta e un giocatore che tutti c’hanno sempre invidiato per le sue palesi doti tecniche e che ha dato non poco filo da torcere, con i suoi solidi guantoni, a palloni d’oro come Messi e Ronaldo. Lui che ha solo sfiorato in diverse occasioni il pallone d’oro, arrivando eterno secondo ma ripagato con l’ambito riconoscimento di “miglior portiere”, oltre ai tanti successi in Italia aggiudicatosi con la sua Juventus e i ben 9 scudetti conquistati.
Ma dietro all’aureola del grande campione e sotto a quell’immagine di immacolato professionista si nasconde un Buffon che ha lasciato strascichi di ombre e buchi neri nella sua quarantennale esistenza. Gesti ed episodi a volte dettati dall’ignoranza, mentre altre volte facevano trapelare quel motore di rabbia e forse saccenteria insindacabili all’uomo Gigi, ma gravi per il campione Buffon.
Come l’imperdonabile giro di campo quando era ancora al Parma con una maglietta sulla quale c’era incisa la frase: “Boia chi molla”. Un’espressione legata agli ambienti neofascisti che gli costò un deferimento disciplinare. Il campione si giustificò facendo appello alla sua non conoscenza, anche se qui parliamo di storia italiana, di cultura generale ed è difficile credere che sia stata solo, per utilizzare le parole di Buffon, “una botta d’ignoranza”.
Probabilmente la stessa che lo indusse a scegliere come numero di maglia 88 nel Parma, utilizzato negli ambienti neonazisti per richiamare il nome di Hitler. L’ottava lettera dell’alfabeto, infatti, è la lettera H, dunque 88 diventa HH e dunque “Heil Hitler”. Solo dopo varie insistenze da diverse associazioni il portiere optò per il numero 77. Un’ignoranza derivata probabilmente dal suo percorso di studi bloccato in seconda superiore per una doppia bocciatura, non riuscendo mai ad ottenere il diploma, neanche da privatista. Ma peccando di superbia, si scrisse alla facoltà di legge, dimenticando che uno dei requisiti minimi richiesti per l’iscrizione è proprio il diploma.
Crescendo con gli anni, quelli che sembravo solo errori di gioventù, dettati più dall’irrazionalità adolescenziale che dal raziocino maturo, proseguono fino ad approdare nello scandalo. Invischiato nel giro delle scommesse, non smentisce mai la sua reale posizione limitandosi a rigirare le colpe ad una “Italia bigotta”. E per dare maggiore conferma del suo discutibile “credo politico” nella notte di festeggiamenti per la vittoria del Mondiale nel 2006, esibisce lo striscione “Fieri di essere italiani” con tanto di croce celtica , ancora un simbolo ostentato da gruppi di estrema destra.
Restano infine imperdonabili alcune sue dichiarazioni. Tante. Piccole frecciatine. Tra le più eclatanti c’è la più recente, quella dove in lacrime ha dichiarato ai microfoni di mezzo mondo che l’arbitro in Juventus- Real Madrid non ha avuto tatto nella valutazione di alcuni episodi, accusandolo di avere un bidone dell’immondizia al posto del cuore. Una debacle di stile e un vittimismo degradante, lo stesso rimproverato però agli avversari.
Indimenticabile la stangata al flair play durante Milan-Juventus del 2012, quando il giocatore rossonero Muntari mise dentro una palla che Buffon respinse quando il pallone aveva già oltrepassato la linea. In quella occasione Buffon si limitò a dire che: “anche se si fosse accorto che la palla era dentro, non avrebbe aiutato l’arbitro”. In quella occasione il direttore di gara era il tanto discusso (ancora) Tagliavento.
Fonti:
– Il Giornale – Scommesse
– Gazzetta dello Sport – Deferimento per il “Boia chi molla”
– Gazzetta dello Sport – Gol di Muntari
– Gazzetta dello Sport – Diploma falso