Ha solo 13 anni, è tunisino ed ha già compiuto da solo il primo viaggio della “speranza”, come tanti migranti. La sua prima speranza, però, è quella di riabbracciare il fratello maggiore di 17 anni (sbarcato a Palermo, ma trasferito a Firenze), accolto in un centro di accoglienza siciliano. Ed era proprio in Sicilia che era diretto, Moatez, quando si nascose sotto un rimorchio a bordo di una nave Grimaldi, ma per un “errore” di valutazione si è ritrovato nel porto di Salerno dove è stato preso in custodia dalla Polizia.
Ora è stato accolto della comunità per minori “L’Approdo del re” di Pellezzano, in provincia di Salerno appunto, da dove racconta la sua storia di ragazzino costretto a crescere troppo presto. “Mio padre era un pescatore – racconta a La Repubblica – da piccolo andavo con lui al porto di Tunisi. Vedevo quella nave che caricava e scaricava la merce, poi prendeva il largo e partiva per l’Italia. L’idea di scappare mi è venuta così. Devo raggiungere mio fratello maggiore. Voglio studiare. Da grande mi piacerebbe fare il poliziotto“.
“Voglio studiare – ha continuato – amo andare a scuola. In Tunisia ho frequentato le elementari, so leggere e scrivere, però ho dovuto smettere perché la mia famiglia non aveva abbastanza soldi per farmi continuare gli studi“. Le autorità competenti stanno facendo il possibile, fanno sapere, per farlo ricongiungere con il fratello, ma il centro di Firenze non accoglie minori al di sotto dei 14 anni, ma la domanda che fa agli operatori è sempre la stessa: “Quando potrò rivedere mio fratello?“.
La storia di Moatez, senza padre (morto sul lavoro) e con una madre malata (alla quale non ha detto niente per non farla preoccupare) è un vero e proprio “schiaffo” alle politiche attuali in tema di immigrazione, a quel “chiudiamo i porti” sbandierato come l’unica soluzione possibile ai tanti problemi dell’Italia e dell’Europa intera. Un’Europa che, come recita una recente canzone di Cesare Cremonini, ormai cerca solo “il diavolo negli occhi degli altri”, ma si sa, come recita una canzone un po’ più vecchiotta di Umberto Tozzi, “prima o poi, gli altri siamo noi“.