Una tragedia che si poteva e doveva essere evitata. È questa la sensazione che hanno subito provato tutti, familiari delle vittime e comuni cittadini, dopo aver appreso la straziante notizia del crollo del ponte a Genova, che ha strappato la vita a ben 43 persone, tra queste quattro ragazzi di Torre del Greco.
Il ponte Morandi non era sicuro. E a confermare le precarie condizioni della struttura ci sono delle carte ufficiali, rese note da L’Espresso, che confermano la necessità di interventi strutturali per mettere a sicuro la struttura. Carte rilasciate dal Provveditorato alle opere pubbliche di Genova e ben note al Ministero delle infrastrutture, alla società dei Benetton Autostrade per l’Italia e alla Direzione generale per la vigilanza sulle concessione autostradali.
Dal testo rilasciato sopo il sopralluogo, si legge in maniera chiara e senza lasciare spazio a minimi dubbi che : “le prove riflettometriche hanno rilevato un lento trend di degrado dei cavi costituenti gli stralli (riduzione dell’area totale dei cavi dal 10 al 20 %) e per tale considerazione la Committente ha ritenuto opportuno avviare una progettazione finalizzata al rinforzo degli stralli delle pile 9 e 10”.
Proprio quelle pila 9 che è praticamente crollata quel maledetto 14 Agosto.
Ad aggravare la posizione di chi sapeva e non ha fatto praticamente niente c’è da dire che la riunione in cui si presentavano questi problemi si è tenuta a Febbraio. Quattro mesi prima della tragedia.
A questa negligenza c’è da aggiungere anche un’altra, che rende il tragico quadro completo. Tecnici esperti, l’architetto Roberto Ferrazza e Antonio Brencich, professore della facoltà di Ingegneria dell’università di Genova, in maniera unanime avevano sollevato forti dubbi anche sulla condizione del viadotto, chiedendo un immediato controllo e una riduzione forte del traffico, a causa della malora e della fragilità del calcestruzzo che avrebbe potuto cedere da un momento all’altro.
Come sempre, tutti sapevano ma nessuno ha fatto niente.