Matteo Salvini non si smentisce e la sua “vena” xenofobica colpisce anche il calcio. “Felice che anche altri importanti esponenti del mondo del calcio mi diano ragione. Occorre un limite al numero di giocatori stranieri in campo per poter dare spazio e fiducia a tanti giovani italiani che altrimenti vengono sacrificati“, ha tuonato il ministro dell’Interno, intervistato da Leggo.
Un “prima gli italiani” che, quindi, non risparmia neanche lo sport e che sembra trovare l’appoggio del neo c.t. della Nazionale, Roberto Mancini. Infatti, nella conferenza stampa di ieri, in vista del doppio confronto nella Nations League con Polonia e Portogallo, l’ex tecnico di Lazio e Inter si è letteralmente scagliato verso i suoi colleghi: “Fate giocare i calciatori in serie A, ne abbiamo di bravi ma alcuni stanno in panchina mentre al loro posto giocano stranieri meno dotati. Stiamo vivendo il momento più basso di questo fenomeno dobbiamo quindi inventarci qualcosa. Dalle società mi aspetto più coraggio“.
Parole che sono cadute come manna dal cielo per il leader della Lega, ma che purtroppo trovano conferma nei numeri. Se il calcio italiano sta cercando di uscire da uno dei momenti più bui della sua storia non è certo colpa degli stranieri, ma è innegabile il fatto che le società italiane puntino costantemente su mercati esteri (e meno dispendiosi) piuttosto che creare le condizioni utili a crescere i campioni del domani in casa.
Infatti, negli ultimi 12 anni il tasso di giocatori italiani impiegati in serie A è calato ben del 30%: nel campionato 2006-2007 gli italiani impiegati erano il 71% del totale (378 su 530 utilizzati); oggi, nella stagione appena iniziata, sono scesi al 39%, con soli 142 calciatori su un totale di 358.