Con il sostantivo “Risorgimento” si tende a riassumere quel periodo della storia d’Italia che portò all’Unità. Un’unità che è costata diverse vite e che ha avuto tra i suoi protagonisti personaggi come Cavour, Garibaldi, Mazzini. Quanto appena scritto vale se si apre un libro di storia in Italia. Ma all’estero come considerano il periodo storico? Una parziale risposta, in questi giorni, è arrivata dall’Austria, una delle protagoniste (poi uscite sconfitte) proprio dalla tanto attesa unità.
Andando a spulciare tra i libri di scuola del paese del Cancelliere Sebastian Kunz, si può leggere ad esempio, come riporta indignata La Stampa, che il Risorgimento è stata “una guerra di aggressione” o che Cavour voleva dividere l’Austria, senza tralasciare il particolare che Mazzini e Garibaldi sono “nazionalisti di estrema destra“. Per gli austriaci, “nel XIX secolo, ambiziosi uomini di Stato capirono che l’idea nazionale si adattava in modo eccellente al raggiungimento dei loro personali obiettivi politici. Volevano espandere i loro Stati a costo degli altri, e allo scopo utilizzarono come giustificazione l’idea nazionale. In molte parti del mondo ancora oggi si fa politica in modo simile“.
Questo gruppo di personaggi ambiziosi (Mazzini, Cavour, Garibaldi…) voleva dividere l’Austria “con un’abile politica estera, il regno di Piemonte-Sardegna si guadagnò l’alleanza di Francia, Gran Bretagna e Prussia. L’Austria invece era isolata. Quando nonostante ciò rischiò e scese in guerra, le truppe alleate di Francia e Piemonte-Sardegna sconfissero l’esercito austriaco, male organizzato, a Magenta e Solferino”. O ancora, “l’idea nazionale venne usata da alcuni politici per realizzare obiettivi di potere. Il nazionalismo servì loro come giustificazione per ingrandire i loro stati“.
Insomma, il dente austriaco è avvelenato e in Italia, compresse diverse testate del Nord, non l’hanno presa bene sostenendo a tratti che si è davanti ad un “resoconto che fa a pugni con i fatti storici” e ad “allusioni maligne“. Quello che viene contestato ai libri austriaci, che nominano il capitolo sul Risorgimento “Il nazionalismo“, è il mancato riferimento ai 30 anni di sanguinarie repressioni (a loro detta) messe in campo proprio dagli austriaci per mantenere la loro unità e il loro potere.
C’è indignazione a tutti i livelli, quindi, nel Bel Paese che si sente offeso nel veder attaccare i suoi personaggi più illustri. Ma è veramente una bugia quella che alcuni uomini di Stato, per perseguire i loro personali interessi, portarono avanti l’idea di Nazione unita? In effetti, non ci si trova davanti ad una vera e propria eresia se si vanno a vedere i metodi attraverso i quali l’unità venne attuata. Non è un’eresia se si contano le migliaia di morti provocati dall’azione prepotente (e diversi loschi accordi) di Garibaldi e i suoi. Non è un’eresia se, ad oggi, i risultati di quell’Unità ancora non si vedono, con il Nord e il Sud decisamente lontani in materia di sviluppo, con il Meridione (con la sua gloriosa storia e le sue tante qualità, seppur con tanti problemi) costretto ancora a subire sottomissioni (dalla politica all’economia) perché etichettato come uno scarto. In Austria si chiedono: “Da quando esiste lo Stato italiano?“. Al Sud si potrebbe rispondere tranquillamente: “Da quando hanno ucciso anche il Mezzogiorno“. Allora, più che indignarsi per ciò che è scritto nei libri austriaci, ci sarebbe da indignarsi per il fatto che ancora non abbiamo corretto i nostri.