46 anni fa, nella notte tra il 20 e il 21 gennaio 1972, alle 3 di notte, Vincenzo De Waure fu ucciso nel quartiere Fuorigrotta, nei pressi di piazzale Tecchio. Vincenzo era uno studente di Ingegneria nucleare, di ideologia marxinista-leninista. Secondo qualcuno, nel periodo precedente alla morte, aveva ricevuto molte telefonate minatorie dopo aver testimoniato contro esponenti della destra napoletana, poi condannati.
Vincenzo aveva paura. E una notte, infatti, in casa De Waure arrivò una telefonata: Vincenzo era morto. I fratelli si recarono sul posto indicato e lo trovarono semicarbonizzato coperto da un lenzuolo.
Un fendente lo colpì all’altezza della pancia, ma la sua morte fu ancora più drammatica. Dopo averlo trafitto, infatti, i suoi assassini gli diedero fuoco, per poi scappare senza lasciare traccia. Per la sua morte non c’è ancora un colpevole con un volto o un nome. Eppure, da subito, il Comitato Antifascista ha identificato questo assassinio come un atto di “stampo fascista”.
Vincenzo, infatti, era uno dei leader napoletani della rivolta studentesca del ’68, e già prima di quella mortale aveva subito diverse aggressioni da parte dei mazzieri squadristi. Evidentemente, era considerato “scomodo” e pericoloso.
Sulla sua morte si nascondono molti misteri, come quello dell’aggressione avvenuta ai danni di suoi fratello, nello stesso anno.
Ad oggi i magistrati non sono ancora riusciti ad individuare i colpevoli e i mandanti del suo assassinio.
Fonti: aivit.org; digilander.libero.it,