La candidata al premio strega attira verso di se numerose polemiche, come riporta Insorgenza.it, dopo la prestazione al Tg1 di un suo libro intitolato: “Lisario o il piacere infinito delle donne”. Il libro è ambientato a Napoli, e nonostante si parli di un’epoca diversa, la Cilento non risparmia alcuna critica alla città del 1600, esordendo: “La Napoli del Seicento era la città più grande d’Europa. Era già corrotta, sporca, puzzolente e piena di persone che cercavano di imbrogliare”. Secondo molti partenopei, le affermazioni della Cilento sembrano essere una brutta caduta di stile, nonchè contraddittoria nelle sue affermazioni, dove, la Cilento, presentando un suo libro del seicento napoletano, aveva mostrato la città partenopea, altresì l’intera nazione, sotto aspetti positivi, affermando che il secolo del 600′ fu per Napoli e per l’Italia, un periodo di splendore, soprattutto da un punto di vista artistico, in quanto attrasse popoli di ogni nazionalità.
Insomma, la Cilento sorprende e delude numerosi partenopei, che come sempre si trovano a subire critiche senza che nessuno lodi il progresso e la cultura napoletana. A questo punto, noi di Vesuviolive, vogliamo lanciare una freccia a favore della città di Napoli ricordando alla scrittrice Cilento che, lo scrittore tedesco Goethe, amante dell’Italia, nonchè della Sicilia, considerava i rifiuti utili per il circolo produttivo, altresì considerati una ricchezza per un paese. Scrivendo su Napoli il 27 maggio del 1787:
“Moltissimi sono coloro – parte di mezza età, parte ancora ragazzi e per lo più vestiti poveramente – che trovano lavoro trasportando le immondizie fuori città a dorso d’asino. Tutta la campagna che circonda Napoli è un solo giardino d’ortaggi, ed è un godimento vedere le quantità incredibili di legumi che affluiscono nei giorni di mercato, e come gli uomini si dian da fare a riportare subito nei campi l’eccedenza respinta dai cuochi, accelerando in tal modo il circolo produttivo.
Lo spettacoloso consumo di verdura fa si che gran parte dei rifiuti cittadini consista di torsoli e foglie di cavolfiori, broccoli, carciofi, verze, insalate e aglio, e sono rifiuti straordinariamente ricercati. I due grossi canestri flessibili che gli asini portano appesi al dorso vengono non solo inzeppati fino all’orlo, ma su ciascuno d’essi viene eretto con perizia un cumulo imponente. Nessun orto può fare a meno dell’asino. Per tutto il giorno un servo, un garzone, a volte il padrone stesso vanno e vengono senza tregua dalla città, che ad ogni ora costituisce una miniera preziosa. E con quanta cura raccattano lo sterco di cavalli e di muli! A malincuore abbandonano le strade quando si fa buio, e i ricchi che a mezzanotte escono dall’Opera certo non pensano che già prima dello spuntar dell’alba qualcuno si metterà a inseguire diligentemente le tracce dei loro cavalli.
A quanto m’hanno assicurato, se due o tre di questi uomini, di comune accordo, comprano un asino e affittano da un medio possidente un palmo di terra in cui piantar cavoli, in breve tempo, lavorando sodo in questo clima propizio dove la vegetazione cresce inarrestabile, riescono a sviluppare considerevolmente la loro attività.”
E’ sempre così imbarazzante leggere sui giornali o ascoltare in televisione che la città di Napoli è solo da considerare sotto riflettori negativi, capaci di emarginare lo splendore della città, nonchè umiliare sistematicamente gli abitanti che ci vivono e che combattono ancora oggi per le bonifiche mancate su tutto il territorio, la cui responsabilità è nelle mani delle Istituzioni. E mentre la Cilento nel 2014 considera la città di Napoli “puzzona”, lo scrittore tedesco Goethe, più di due secoli fa, esaltava la Campania, considerandola un territorio capace di riciclare la propria spazzatura, la cui attività accelerava la produzione. Insomma, “la storia insegna ma non ha scolari” diceva Gramsci.