Ancora cori contro i napoletani, ma soprattutto dei beceri “buu” razzisti contro chi ha un colore della pelle diverso. Il calcio italiano ormai diventa sempre più la copertina dell’onda razzista (e lo diciamo senza mezzi termini) che sta investendo il Bel Paese, dove l’imbecillità dilagante di chi si accampa il diritto di poter offendere gli altri (anche solo per scherzo) sembra stia raggiungendo dei livelli preoccupanti, anche a livello istituzionale.
La cosa ancor più grave è che si producono anche cattivi esempi, soprattutto per i giovani. Basta guardare, ad esempio, ai 25 baby calciatori juventini recentemente squalificati per aver intonato, dopo una partita vinta, dei cori contro i napoletani. Una situazione inaccettabile, che non trova soluzioni se non a parole, e che ieri sera ha coinvolto anche Milano: considerata la prima città d’Italia per qualità della vita.
Infatti, la denuncia che nel post gara contro l’Inter ha fatto Ancelotti è grave e dà bene la misura di come non ci sia la voglia di cambiare. “C’è stato un ambiente un po’ particolare – ha detto il tecnico azzurro – Koulibaly era agitato e nervoso e questo non va bene per noi e non va bene per il calcio italiano. Le partite si possono interrompere, voglio sapere però quando si devono interrompere. Abbiamo chiesto tre volte alla Procura federale la sospensione per gli ululati contro Koulibaly. Ci sono stati gli annunci, ma non è bastato, hanno continuato. La prossima volta ci fermiamo noi, magari ci danno la sconfitta a tavolino“.
Il calcio dovrebbe essere aggregazione e invece, puntualmente, crea divisioni, sfociando anche nella violenza (non solo verbale): non è normale andare allo stadio, nel giorno di Santo Stefano, per il solo gusto di insultare gli altri per il colore della propria pelle; non è normale andare allo stadio e dar vita ad una rissa dalla quale si esce accoltellati; non è normale andare allo stadio ed invocare calamità naturali mentre a Catania la gente è impaurita per l’attività dell’Etna.
Bisogna anche dire, però, che dai fatti di San Siro in tanti hanno subito preso le distanze, come il sindaco della città meneghina Sala: “Quei buu a Koulibaly sono stati una vergogna. Un atto vergognoso nei confronti di un atleta serio come lui, che porta con fierezza il colore della sua pelle. Non mi piace, per mia natura, pensare a cosa devono fare gli altri per risolvere i problemi della società in cui viviamo. Preferisco sempre partire da cosa devo fare io. E in questo caso farò una cosa molto semplice. Continuerò ad andare a vedere l’Inter, ma ai primi buu farò un piccolo gesto, mi alzerò e me ne andrò. Nel frattempo chiedo scusa a Kalidou Koulibaly, a nome mio e della Milano sana che vuol testimoniare che si può sentirsi fratelli nonostante i tempi difficili in cui viviamo”
Tuttavia tutto ciò non è normale, non è da uomini. Lo ha detto, in maniera velata, lo stesso Koulibaly, espulso nel finale di gara per aver applaudito l’arbitro dopo che questo gli aveva mostrato un giallo. “Mi dispiace la sconfitta e soprattutto per aver lasciato i miei fratelli! Però sono orgoglioso del colore della mia pelle, di essere francese, di essere senegalese, napoletano: uomo“, ha tweettato il difensore.
La regola parla chiaro: l’arbitro non può essere applaudito in maniera ironica. Il comportamento del difensore azzurro, quindi, nonostante il nervosismo, non è giustificabile, ma neanche condannabile. Non possiamo pensare che un calciatore, sul quale già c’è la pressione di un match tirato come quello di ieri sera, possa dirsi “abituato” a questi cori (come alcuni professoroni da salotti tv hanno ieri dichiarato). E poi, una domanda sorge spontanea: lo stesso sig. Mazzoleni che lo ha buttato fuori, perché non è intervenuto con la stessa determinazione quando il pubblico del Meazza ha prodotto quei cori? Forse una risposta non ci sarà mai data, ma resta il fatto che anche una tale scelta non è normale, non è da uomini.