Inter-Napoli è e resterà una di quelle partite che non dimenticheremo per un po’ di tempo. E di certo non per il risultato finale a sfavore degli azzurri, ma per gli scontri tragici avvenuti nel pre-gara che hanno portato alla morte di un tifoso interista.
Facendo una ricostruzione veloce, gli scontri sono avvenuti lontano dallo stadio, a circa due chilometri di distanza dal Meazza. Dalle testimonianze raccolte in questi giorni e dalle indagini ancora in corso, ma che stanno cominciando a fare chiarezza sulla dinamica, il tutto era stato pianificato dagli ultras di casa neroazzurri. Un agguato ai danni dei napoletani premeditato, che ha coinvolto più di 100 interisti agguerriti e armati di mazze e bastoni. Ed è proprio nel pieno della guerriglia, a poche ore dall’inizio del match, che il tifoso interista Daniele Belardinelli trova la morte, schiacciato e investito da una macchina scura.
A quanto confermato da uno degli adepti affiliati a gruppi di tifo interista organizzato, la mente che ha partorito l’agguato premeditato è proprio quella del capo ultras Marco Piovella, personalità di spicco e carismatica tra i tifosi interisti, soprannominato “il rosso” e leader della Curva Nord, oltre che responsabile delle coreografie da diversi anni. Imprenditore nel settore dell’architettura della luce, Marco Piovella si è laureato al Politecnico di Milano. Così conduceva due vite: una da imprenditore, l’altra da leader degli ultras.
Quindi, secondo la testimonianza spontanea di un ultras interista, è stato Piovella a muovere e organizzare circa 120 tifosi, armandoli di bastoni e oggetti contundenti, che hanno aspettato i pullman dei napoletani con l’unico obiettivo di aggredirli e ferirli.
Per tale motivo l’uomo è stato fermato e accusato di lesioni e rissa aggravata per il fatto che dagli scontri è scaturita la morte di Daniele Belardinelli e sono stati feriti a colpi d’arma da taglio quattro supporter del Napoli. Ma per il momento, nell’ordinanza di custodia cautelare non è contestato l’omicidio.