Quel “terroni” comparso sulla prima pagina di Libero la settimana scorsa ha scatenato una nuova serie di polemiche (anche politiche) che per certi versi ancora non si sono placate. L’uso offensivo del termine è stato negato, soprattutto dall’autrice (calabrese) dell’articolo incriminato, ma in molti non hanno voluto sentire ragioni ed hanno gridato all’ennesimo episodio razzista verso il Sud.
Ma come nasce il termine “terrone”? A venirci in aiuto è l’Accademia della Crusca che tratta la questione con un’ampia pagina. In realtà, l’Accademia parte “dalle onnipresenti divergenze tra nord e sud” analizzando gli “epiteti poco felici” che le due aree d’Italia si scambiano: terroni, appunto, e polentoni. Soffermandoci sul termine “terroni”, secondo quanto scritto nel 1975 da Bruno Migliorini in Parole e Storia, questo era rivolto ai meridionali “delle ‘terre ballerine‘, soggette ai terremoti”.
Tuttavia, l’origine del termine fa registrare posizioni diverse e spesso contrastanti. Infatti, secondo il GDLI, “la voce nasce appunto nei grandi centri urbani dell’Italia settentrionale con valore di ‘contadino’ (come villano, burino e cafone) e usata, in senso spregiativo o scherzoso, per indicare gli abitanti del Meridione in quanto il Sud era una regione del nostro paese caratterizzata da un’agricoltura arretrata“. Lo stesso Dizionario, però, nel notare che la parola è composta da “terra” con il suffisso -one (con valore d’agente o di appartenenza), riporta altre possibili interpretazioni: incrocio tra terremoto e meridione; mangiatore di terra; persona con il colore della pelle simile a quello della terra.
Legato al termine “terrone” viene registrata anche la presenza del cognome Terronus a Caffa (colonia genovese dopo il 1266) che fa spostare le ipotesi verso “della Terra (del lavoro)”. Ancora oggi il cognome è presente, in due varianti: Terroni (nel nord Italia) e Terrone (soprattutto in Puglia e in Campania). La presenza così antica del cognome sembra escludere la recente etimologia che pone il termine come una derivazione “di terra nel senso di ‘legato alla terra, che lavora la terra’, ritenuta condizione di inferiorità sociale e culturale.
Il primo uso dispregiativo sarebbe registrato in una lettera scritta da Gilles De Gastines (mercante francese) ad Antonio Magliabechi nel 1693 da Napoli, dove ricorda il ” brutto tiro che ci fanno questi signori teroni di volerci scacciare dal partito delle galere“. Un attacco, secondo gli studiosi, alla burocrazia partenopea del tempo ed alcuni suoi suoi curatori e non, quindi, a tutti i napoletani.
La presenza del termine nel lessico anche straniero (francese, spagnolo e portoghese) fa pensare che l’origine della parola sia molto antica, come detto. Inoltre, è quasi certo il suo legame con il termine “terra”, in particolare riferito a contadini che possedevano un “cumulo di terre“. L’accezione dispregiativa sarebbe entrata in campo con il passare del tempo, quando nel settentrione il termine è stato equiparato ad altri come “villano” e “cafone“, o meglio come colui che “zappa la terra”.
In sintesi, le ipotesi che possono essere prese in considerazione sono due: la prima è che il vocabolo venisse indirizzato ai contadini emigrati dal Sud, ma senza alcun tipo di accezione negativa; la seconda è che il termine fosse già presente nel linguaggio del Nord ed usato come insulto ai comportamenti rozzi dei contadini.
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