“Va abbattuto il SISTEMA. Quello che si fonda su corruzioni, mafie, guerre, distruzione del pianeta, disuguaglianze economiche, ingiustizie sociali, razzismi, violenze”, così esordisce il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris nel suo consueto post del lunedì.
Un messaggio dedicato a tutti quelli che sono stati i trambusti della scorsa settimana, fin ad arrivare all’auspicio che cambiare le cose si può: “Ho sempre pensato, da ragazzo, che un altro mondo è possibile. Ho sempre lottato per questo. Ma bisogna conquistarselo. Con la rivoluzione dell’alternativa. Anche i cambiamenti climatici si arrestano, in primo luogo, con una rivoluzione culturale”.
Una rivoluzione che non riguarda né lo Stato, né gli enti o i grandi organi politici: “Dal basso si può cambiare, anche a Napoli lo abbiamo dimostrato che cambiare si può. Anche senza soldi, senza partiti. Costruiamo, insieme, l’alternativa politica, morale, culturale, sociale ed economica. Bisogna mettere insieme rottura del Sistema e capacità di governo. Opposizione sociale e affidabilità di governo. Movimenti, reti civiche, associazioni, militanti. Rivoluzione nelle strade e rivoluzione con il diritto governando”.
Perché le istituzioni hanno un solo compito, è cioè quello di attuare le richieste del popolo: “Nelle Istituzioni portiamo l’alternativa che costruiamo con i popoli. Il diritto, connesso con il popolo, ha una potenza rivoluzionaria in grado di trasformare le ingiustizie sociali. Ci vogliono competenza e coraggio, autonomia e libertà. Difesa del Pianeta e della Natura con un’altra economia che sappia coniugare diritto al lavoro e diritto alla salute e all’ambiente salubre. Tra la Terra, nei beni comuni, ritroviamo il gusto di essere comunità”.
Quindi, conclude De Magistris, non siamo inermi, ma rendiamoci autori di un cambiamento e no vittime o complici del degrado: “Siamo nella lotta per i diritti, il tempo è sempre quello giusto, la vittoria non può attendere, per l’umanità e per la felicità. Facciamo presto prima che sia troppo tardi. Nessuno potrà dirci di essere stati complici e di non aver lottato”.