NAPOLI – Da venerdì sera due ex operai della Fiat di Pomigliano d’Arco sono arrampicati sul campanile della Chiesa del Carmine per contestare una norma del reddito di cittadinanza. Per comprendere le motivazioni di tale gesto, è necessario tornare al mese di maggio del 2014.
Nel corso di una protesta allo stabilimento FCA di Pomigliano d’Arco, cinque operai in cassa integrazione inscenarono l’impiccagione di Sergio Marchionne allestendo un manichino con il volto dell’ex dirigente appeso per il collo. Alla base del macabro allestimento c’era un motivo di disperazione: protestare in nome della collega Maria Baratto, suicidatasi a causa delle difficili condizioni economiche in cui versava dopo anni di cassa integrazione. I cinque operai furono licenziati.
In seguito al licenziamento, Mimmo Mignano, uno degli operai, minacciò di darsi fuoco sotto la casa dell’allora ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, chiedendo un suo intervento. Nell’ottobre del 2014, Mignano e un altro operaio, protestarono dal tetto della sede del Municipio I di Roma. Nell’occasione esposero lo striscione: “Fiat, Di Maio tu dove stai?”.
In seguito alle proteste, i cinque operai furono reinseriti nello stabilimento di Pomigliano d’Arco con sentenza della Corte d’Appello Napoli, che diede loro ragione. L’esito, però, fu successivamente ribaltato dalla Corte di Cassazione di Roma, che condannò i cinque operai, costringendoli a risarcire l’azienda delle spettanze percepite dal 2016 al 2018.
A distanza di quasi cinque anni tornano le proteste. Mimmo Mignano e Marco Cusano, infatti, nella notte tra venerdì e sabato si sono arrampicati sul campanile della Chiesa del Carmine, senza più scendere, nonostante il maltempo di ieri. Il motivo della nuova protesta è una norma del il reddito del cittadinanza che escluderebbe gli operai licenziati. I due operai, infatti, dichiarano di non poter accedere al reddito di cittadinanza a causa del salario corrisposto da FCA dal 2016 al 2018, ovvero da quando la corte d’Appello diede loro ragione reinserendoli in fabbrica, a quando la Corte di Cassazione rovesciò la sentenza dando ragione all’azienda.
Sul volantino-circolare rilasciato nel corso della protesta, compare il seguente messaggio: «Il reddito di cittadinanza per i licenziati non c’è. Uno dei cinque licenziati della Fiat di Pomigliano è salito sul tetto del campanile della Chiesa del Carmine per protestare contro la legge sul reddito di cittadinanza che esclude tanti operai come loro che in questi ultimi due anni hanno perso il lavoro a causa di licenziamenti, chiusure e delocalizzazioni. Una legge pensata per i poveri che non aiuta i poveri, che senso ha?».
Sempre sul volantino, si legge anche della motivazione politica alla base, secondo i cinque operai, del loro licenziamento: «Siamo stati licenziati dalla fiat nel 2014 per motivi politici. Ci siamo promessi di criticare l’allora amministratore delegato per le morti di suicidio dei nostri compagni del polo logistico di Nola, un reparto di confino dove erano stati trasferiti tutti i sindacalizzati e quelli che, da anni sule linee di montaggio, avevano logorato nel fisico e nella mente, rendendoli improduttivi per la Fiat».
Sabato i due operai hanno ricevuto una la telefonata Pasquale Tridico, presidente dell’Inps, che prometteva una soluzione per i cinque licenziati, ma non è servito a farli scendere. Oggi, alle 16, è previsto un incontro alla direzione Inps di Napoli con i licenziati di Pomigliano.