29 aprile, si festeggia Santa Caterina da Siena: la straordinaria storia della “donna pura”


Oggi 29 aprile si festeggia Santa Caterina da Siena, patrona d’Italia e compatrona d’Europavergine e dottore della Chiesa che prese l’abito delle Suore della Penitenza di San Domenico e lottò strenuamente per la pace, per il ritorno del Pontefice Romano nell’Urbe e per l’unità della Chiesa stessa.

Il nome Caterina viene etimologicamente dal greco “kataròs”, e significa, quindi, “donna pura”.

Le tre grandi caratteristiche di Santa Caterina sono la sua totale appartenenza a Cristo, la sapienza infusa, il suo coraggio. I due simboli che caratterizzano l’iconografia della Santa sono il libro e il giglio, i quali rappresentano rispettivamente la dottrina e la purezza.

Caterina viene perlopiù ricordata per i seguenti scritti: le Epistole e le Preghiere. Tali raccolte hanno fatto la differenza per la proclamazione della Santa a Dottore della Chiesa, avvenuta il 4 ottobre 1970 per volere di Paolo VI.

Santa Caterina nasce a Siena nel rione di Fontebranda (oggi Nobile Contrada dell’Oca) il 25 marzo 1347 ed è la ventiquattresima figlia della famiglia Benincasa.

Caterina vive in un momento storico e in una terra, la Toscana, di grande ricchezza spirituale e culturale ma, contemporaneamente, dilaniata da tensioni e lotte fratricide di carattere politico, dove occupavano spazio le discordie fra guelfi e ghibellini.

Ha solo sei anni quando le appare Gesù vestito maestosamente con tre corone sul capo ed un manto rosso, accompagnato da San Pietro, San Giovanni e San Paolo. Al tempo, la Chiesa e il Pontefice erano minacciati da movimenti ereticali.

Fece voto di verginità già a sette anni. Come riporta il suo primo biografo, Raimondo da Capua, fin da bambina riduce cibo e sonno, abolisce la carne, si nutre di erbe crude, di qualche frutto, utilizza il cilicio.

Prima di realizzare la sua aspirazione, però, fu necessario combattere contro le reticenze dei genitori che la volevano coniugare. Aveva solo dodici anni, eppure reagì con decisione: si tagliò i capelli, si coprì il capo con un velo e si serrò  in casa. I genitori si arresero alla decisione della figlia quando un giorno il padre vide una colomba aleggiare sulla figlia in preghiera.

Nel 1363 vestì finalmente l’abito delle “mantellate” (mantello nero su abito bianco dei Domenicani): una scelta anomala quella del terz’ordine laicale, al quale aderivano soprattutto donne mature o vedove, che continuavano a vivere nel mondo, ma con l’emissione dei voti di obbedienza, povertà e castità.

Caterina si avvicinò alle letture sacre pur essendo analfabeta: ricevette dal Signore il dono di saper leggere e imparò anche a scrivere, ma usò comunque spesso il metodo della dettatura.

Al termine del Carnevale del 1367 raggiunge il picco massimo dell’amore per Cristo: da Gesù riceve un anello adorno di rubini. Viene quindi a stabilirsi un rapporto di intimità e comunione: ormai Cristo vive in lei in tutti i sensi.

Ha ora inizio l’attività di Caterina a vantaggio dei poveri, degli ammalati, dei carcerati e intanto soffre per il mondo, che è in balia della disgregazione e del peccato: l’Europa è pervasa dalle pestilenze, dalle carestie, dalle guerre.

Raggiunge la beatitudine il 29 aprile 1380, a 33 anni, gli stessi di Cristo.

“La carità è quello dolce e santo legame, che lega l’anima col suo creatore: ella lega Dio nell’uomo, e l’uomo in Dio.”


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