Quanto vale un selfie? Quanto vale il brivido di un’azione pericolosa che può far crescere i consensi sui nostri profili social?
Ce lo siamo chiesti più volte, se ne è parlato e scritto, si è studiato il comportamento, proveniente soprattutto da adolescenti, che razionalmente giudichiamo sconsiderato.
Fabio Rovazzi, il 7 maggio scorso, ha indossato i panni de Le Iene, noto programma televisivo, e ha seguito la coppia russa formata da Angela Nikolau e Ivan Kuznetsov, professionisti che sfidano almeno una volta al mese le altezze, per scattare “selfie estremi”, fenomeno sempre più pericoloso e dilagante tra i giovani di tutto il mondo.
Ma non c’è bisogno di arrivare fino in Russia, questo è un fenomeno che colpisce anche i nostri ragazzi italiani, campani, napoletani. Possono essere i nostri vicini di casa, i compagni di banco di nostro figlio o magari proprio i nostri figli.
Due anni fa, c’era stato il caso dei cinque ragazzini che avevano sfidato la morte sul tetto dei Molini Marzoli, a Torre del Greco; lo scorso 19 aprile, una diciannovenne ucraina aveva rischiato la vita per un selfie sul campanile del Santuario di Pompei.
Questa notte la storia si è ripetuta. I protagonisti di questo ennesimo caso di moda assurda sono due sedicenni napoletani. I due ragazzini si sono arrampicati su una recinzione per scattarsi un selfie e dopo aver perso l’equilibrio, sono finiti al di sotto del muro scavalcato, precipitando da un’altezza di 5 metri.
L’episodio si è verificato in via Nazionale delle Puglie, a Ponticelli, nei pressi del parcheggio di un supermercato dove i due minori si stavano scattando delle foto pubblicandole sui social.
C’è stato l’intervento di due ambulanze del 118, con la postazione “Miano” e “Aeroporto” “che hanno soccorso i minori, entrambi feriti in modo lieve nonostante l’altezza da cui erano precipitati. Delle siepi al di sotto della recinzione, che hanno attutito la caduta, sono state la loro salvezza.
Nonostante il “lieto fine” della vicenda, dovremmo tutti noi interrogarci su queste azioni e magari parlarne di più nelle scuole, all’interno dei nuclei familiari o in qualsiasi ambiente socio-educativo, perché forse solo il dialogo può evitare che si cada nell’assurdità di un gesto pericolosissimo e senza un minimo di logica.