“Credo che il volto sia la parte che esprima più emozioni in assoluto, basta considerare che l’occhio umano percepisce i sentimenti dell’interlocutore grazie a movimenti millimetrici delle espressioni per capire l’importanza che ha per tutti noi. Tutti i volti hanno una sorta di magia in sé, qualcosa di speciale e di segreto da raccontare. Non credo riuscirei a sceglierne uno in particolare“.
Sono le parole che l’artista Jorit Agoch pronuncia in un’intervista rilasciataci il 19 settembre del 2015.
Lo street artist fa “parlare” i muri della città, arriva nelle periferie e le arricchisce di volti umani che hanno qualcosa da dire.
Passeggiando tra le strade di Ponticelli, incontriamo lo sguardo furbo di Ael, un viso di bambina che può essere chiunque: una scugnizza napoletana, una rom o una figlia di genitori stranieri nata a Napoli, Ael ci dice che “tutt eguale song’ e creature”.
Arrivati al Teatro San Ferdinando di Napoli ci imbattiamo in tre Eduardo De Filippo che ci invitano a entrare.
A Gragnano sorprendiamo un Totò mentre mangia gli spaghetti, riportandoci alla memoria l’immortale Miseria e Nobiltà di Mario Mattoli. A Forcella un San Gennaro quasi carnale, che ha scaturito non poche polemiche, ci accoglie appena uscuiti da Via San Biagio dei Librai. Ancora, il Maradona di San Giovanni a Teduccio che scalda il cuore di ogni napoletano, con fattezze quasi da samurai leggendario. E di fianco, il viso infantile di Niccolò, bambino autistico, con lo sguardo altrove, ma presente.
Il corsaro Pier Paolo Pasolini a Scampia, autore nato borghese, svestito di quei panni per mischiarsi e capire da vicino lo squallore, ma anche la bellezza delle periferie.
Ancora tanti altri volti, ognuno con la sua urgenza, ognuno portatore di una cultura, un pezzetto di storia e vita. Sono lì su quei muri per parlarci, per scuotere le coscienze, per ricordare. E a Giugliano si sente questa necessità di ricordare il giornalista napoletano Giancarlo Siani, ucciso per mano della camorra.
Ce lo annuncia Jorit stesso, con un post su Facebook dove scrive:
Giancarlo work in progress
“Siani era, è, molto più di un simbolo della lotta per la legalità. Per me, e per molti altri che continuano a fare con coscienza e con passione il loro mestiere, quello di giornalista, è soprattutto un giovane uomo ucciso perché faceva il suo lavoro di cronista. Da “abusivo”, da precario. Senza privilegi, tutele e protezioni. Costretto, come molti suoi colleghi di ieri e di oggi, a rinunciare spesso ai propri diritti pur di inseguire il proprio sogno. Io non vedo molta differenza tra un operaio che muore a nero su un cantiere e un giornalista precario che muore per un’inchiesta. In entrambi i casi la loro morte non sarà responsabilità di nessuno. Perciò il lavoro e la lotta per il lavoro devono essere alla base di tutto, Sempre.”
Il murale sarà realizzato nella zona della Resit, oggetto di un grave inquinamento ambientale.
Tale lavoro, che dovrebbe essere portato a termine nelle prossime settimane, gli è stato commissionato da Mario Di Biase, commissario che si sta occupando della bonifica della Resit.
Esistono tanti modi per denunciare lo squallore che alberga soprattutto nelle periferie. Il giovane street artist lo fa nel modo più nobile possibile: ricoprendo la vergogna con l’arte.