Foto. Carabiniere ucciso da 11 coltellate. Conte: “Bendare un indagato è reato”
Lug 29, 2019 - Alina De Stefano
Americano che ha ucciso il carabiniere Mario Cerciello Rega a Roma
Questa è la foto che sta facendo da alcune ore il giro del web. L’immagine ritrae un uomo bendato e in manette e il soggetto in questione è uno dei due americani complici del brutale assassinio di Mario Cerciello Rega, il carabiniere che ha perso la vita a causa di 11 coltellate, e il motivo è di una banalità estrema.
Infatti dalla ricostruzione dei fatti, i due americani cercavano droga, ma il pusher a cui si erano rivolti li avrebbe ingannati, rifilandogli aspirina. Allora lo spacciatore avrebbe richiesto l’aiuto del carabiniere, raccontando una mezza verità e omettendo tutta la storia della droga. Ma in quel momento sarebbe nata una lite, dove uno dei due americani avrebbe tirato fuori un coltello, martoriando il corpo dell’uomo e condannandolo a morte a causa di una coltellata al cuore.
Questa foto, nonostante dietro si nasconda questa brutale verità, ha diviso il web. Chi ritiene questa immagine “poco democratica” e chi invece continua a pensare che questi due americani meritino la stessa fine del carabiniere. Ad intervenire sulla questione è stato anche il Premier Conte, che in un lungo post su Facebook ha detto:
“Quanto alla foto che ritrae uno dei due ragazzi americani bendato e ammanettato e che sin qui è circolata, invito a non confondere le cose. Non c’è nessun dubbio che la vittima di questa tragedia sia il nostro carabiniere, il nostro Mario. Invito tutti a considerare, tuttavia, che bene ha fatto l’Arma a individuare il responsabile di questo improprio trattamento e a disporre il suo immediato trasferimento. Chiariamolo bene: ferme restando le verifiche di competenza della magistratura, riservare quel trattamento a una persona privata della libertà non risponde ai nostri principi e valori giuridici, anzi configura gli estremi di un reato o, forse, di due reati. Parimenti censurabile è il comportamento di chi ha diffuso la foto via social in spregio delle più elementari regole sulla tutela della privacy”.