Legambiente ha presentato un report sulle “Spiagge 2019”. Dalla lettura del documento si evince da subito che le spiagge con libero ingresso in Campania sono quelle più malandate in quanto “poste vicino a foci dei fiumi, fossi o fognature dove la balneazione è vietata”. Spiagge di serie b, lasciate all’incuria del Comune, quando dovrebbero essere considerate un prezioso bene di tutti, e dovrebbero ricevere la stessa certosina cura di quelle private.
Soffermandoci sui dati della Campania, sono 3.967 le concessioni demaniali marittime, di cui 916 sono per stabilimenti balneari, 137 per campeggi, circoli sportivi e complessi turistici, mentre le restanti sono distribuite su vari utilizzi. Complessivamente si può stimare che le concessioni superano il 67% di occupazione delle spiagge campane. Ciò significa che solo il 33% del litorale è “free”. Quindi non solo ci sono poche spiagge libere nella nostra Regione, ma quelle poche esistenti sono abbandonate spesso al degrado.
Per capire quanto la privatizzazione abbia raggiunto dei livelli stratosferici, basta considerare il caso di di Mondragone, in provincia di Caserta, dove su 8,4 km di costa sono presenti ben 51 stabilimenti pari al 54% di costa occupata.
Oltre a questo problema, già di per se grave, bisogna inoltre tenere conto sia delle concessioni senza controlli e soprattutto dell’effetto che: “i cambiamenti climatici, l’erosione e il cemento selvaggio stanno avendo sulle coste campane ridisegnandole, e il problema dell’inquinamento” .
Unica nota positiva è solo la progressiva “conversione” della Campania alla “plastic free”, alla sostenibilità ambientale e alla difesa della biodiversità.