I Quartieri Spagnoli, in questo periodo di grande rivoluzione culturale e di ricostruzione di una memoria storica celata e dimenticata per anni, rivogliono le spoglie del Viceré Spagnolo, Pedro de Toledo. Toledo vide la crescita di una Napoli sempre più capitale di un Regno, il Regno di Napoli, che seppur di “gestione” spagnola nel ‘500, faceva sempre sentire la sua autorevolezza agli occhi del mondo occidentale.
La ormai famosa associazione culturale “Quartieri Spagnoli 1536”, rappresentata da Raffaele Esposito, il suo presidente, da anni si batte per la tutela (e la verità storica) non solo dei Quartieri Spagnoli, ma di tutta Napoli. Stavolta ha organizzato per sabato 2 novembre una raccolta-firme dalle 9.30 alle 19.30 presso la stazione metro di via Toledo, dedicata non a caso proprio a Don Pedro Alvarez de Toledo, vicerè nel Regno di Napoli dal 1532 al 1553.
Don Pedro fu in grado di riorganizzare tutta la conformazione urbanistica del centro storico di Napoli e favorì una svolta epocale anche sui piani economico-sociali. Questa raccolta firme è stata appoggiata anche da Luigi Carbone, vice presidente ed assessore con delega al turismo della II Municipalità, e da tante associazioni meridionaliste, tra cui il Movimento Neoborbonico; giunte ad un numero rilevante, le firme saranno spedite al Comune di Firenze, che al momento ospita la salma di uno dei protagonisti della nostra storia.
”Molti definiscono dominazioni – afferma Raffaele Esposito – la normanna e sveva, l’angioina e l’aragonese, senza capire che i Reali assumono la nazionalità del Regno dove si insediano, basta vedere anche il nostro Carlo di Borbone, pur essendo spagnolo, ha dato vita nel 1734 a quello che sarebbe poi diventato uno dei periodi più floridi per il Regno; Ferdinando e Francesco I, Ferdinando e Francesco II di Borbone, suoi discendenti, erano più napoletani di tanti napoletani attuali”.
Con queste parole, ha precisato chiaramente quanto Napoli, più che dominazioni e colonizzazioni, abbia avuto scambi culturali e governi senza subire grandi guerre di conquista, fino invece a dover subire quella italiana. Con la conquista del Regno delle due Sicilie e la perdita dell’indipendenza della patria Napolitana, nel 1861, c’è stato uno stravolgimento delle toponomastiche diventate “risorgimentaliste”, nel Sud della penisola Italica, tanto che, in quasi tutte le città e le province d’Italia, troviamo strade dedicate a Garibaldi, a Cavour, a Vittorio Emanuele II, strade quindi che hanno perso identità ed originalità, massificandosi tra quelle italiane.
Anche Via Toledo subì un mutamento in “via Roma” il 10 Ottobre del 1870; i napoletani insorsero con dei comitati (pro via Toledo) e uomini di ogni ceto appoggiarono la causa popolare, perché legati ad una storia ed una tradizione con un grande passato alle spalle. Il sindaco Paolo Emilio Imbriani, sotto l’influenza dei conquistatori piemontesi (i Savoia), aveva dedicato una via tra le più importanti di Napoli alla futura capitale del Regno d’Italia, Roma, appena annessa.
I napoletani però, come anche i suoi artisti, continuarono a chiamarla Via Toledo così, nel 1980, fu ricollocato il vero nome della via, dedicando a Roma solo una strada di Scampia. Insomma, questa è una raccolta firme che vuole semplicemente rispettare le volontà di quel vicerè che salvò Napoli dalla peste, dalle carestie e dalle invasioni che la vedevano ormai in ginocchio (fu proprio questo il reale motivo per cui Carlo V lo inviò a Napoli) e nel 1540 fondò anche “l’ospedale San Giacomo”, l’attuale municipio (al cui interno fece erigere la Real Basilica di San Giacomo degli Spagnoli), per offrire assistenza sanitaria ai militari spagnoli che abitavano proprio in quei quartieri, per difendere la città e il nuovo governatore.
Il viceré era stato inviato, nel 1553, dopo vent’anni di governo napoletano, dall’Imperatore Carlo V a mediare con i rivoltosi della Repubblica Pisana. Era già in condizioni critiche quando si aggravò e fu portato a Firenze dove morì; la figlia Eleonora, sposa di Cosimo I de Medici, lo fece seppellire nel Duomo della città. Come ulteriore prova d’amore si era già fatto costruire un sepolcro a Napoli nella chiesa di S.Giacomo degli Spagnoli, di fatto rimasta vuota per troppi anni, fino ad oggi e dopo 466 anni si richiede ufficialmente la restituzione delle sue spoglie, per riportarlo nella patria che ha tanto amò e difese. Questa è un’ulteriore prova di come Napoli, oggi, ha sempre più sete di memoria e di amore per la sua storia gloriosa.