Il caso del piccolo Giovannino commuove tutta Italia da una settimana. Il piccolo è nato quattro mesi fa all’ospedale Sant’Anna di Torino, ma il padre e la madre non hanno voluto riconoscerlo e l’hanno abbandonato lì. La “colpa” di Giovannino era quella di essere nato con una gravissima malattia, l’ittiosi definita “Arlecchino” che offre ben poche possibilità di sopravvivenza.
Dopo un servizio delle Iene su di lui tutta Italia ha idealmente adottato il piccolo e tanti si sono iniziati ad interessare della sua sopravvivenza nel mentre combatte ancora fra la vita e la morte in ospedale. Su Repubblica, una madre, Francesca, ha parlato di quanto ha vissuto in prima persona alla nascita di suo figlio Marco, affetto da una patologia simile a quella di Giovannino, anche se meno letale: l’ittiosi detta collodion baby.
“Quando mio figlio è nato a ogni domanda che facevo non c’era risposta, solo un grande punto interrogativo. Sopravviverà? In che condizioni sarà? Che aspettativa di vita potrà avere? E che qualità della vita? Non sapevamo nulla”. Questo succedeva 25 anni fa: oggi Marco è l’orgoglio di sua madre, si è laureato e vive una vita normalissima.
“Sentire della storia di quel bimbo abbandonato al Sant’Anna mi ha fatto tornare indietro di 25 anni, ai momenti più bui della mia vita – racconta Francesca – Non voglio fare paragoni tra le due vicende. Io sono qui a testimoniare che ce la si può fare a superare una diagnosi anche molto dura, anche se non è facile e non sempre l’esito è felice”.
“Mi hanno fatto vedere mio figlio per un istante e poi lo hanno portato via, in ambulanza, verso la terapia intensiva di Alessandria. L’ho visto solo dopo le dimissioni, nell’incubatrice. Aveva la pelle scura e dura, come se fosse bruciato al cento per cento ed è per questo che lo hanno trattato come un grande ustionato. La pelle si crepava, fuoriusciva siero, c’era il rischio di disidratazione e di infezioni. E un’infezione avrebbe potuto ucciderlo. Mi spiegavano che la mancanza di collagene avrebbe potuto creare non solo dei problemi alla pelle, ma anche ad altri tessuti, per esempio avrebbe potuto avere seri disturbi all’udito, ma anche ad altri organi”.
“Sono contenta che in quel periodo non ci fosse internet, altrimenti probabilmente sarei impazzita – spiega ancora nella sua testimonianza – avevo fiducia nei medici che avevano immediatamente fatto la diagnosi giusta a mio figlio e non potevo fare altro che sperare. D’altra parte la situazione ero complessa. Ricordo che sia i medici del Regina Margherita che del Gaslini che avevano visitato mio figlio avevano detto di non aver mai visto un caso come il suo”.
La donna ha parlato anche dei genitori di Giovannino: “Non li giudico. Potrebbero essere dei genitori giovani, soli, senza strumenti. L’indicazione che avevamo era di idratare in continuazione la pelle, tante volte al giorno. Queste creme – spiega la donna – sono considerate prodotti estetici, non medicine per cui nonostante per mio figlio fossero indispensabili abbiamo sempre dovuto far fronte da soli a tutte le spese. E non tutte le famiglie possono permetterselo. Marco non si lava con acqua e sapone ma con l’olio e ancora adesso si idrata con la crema un paio di volte al giorno. Ma non ha mai avuto problemi con i compagni, non ha segni sulla pelle che potessero creargli imbarazzi, è cresciuto come gli altri”.