Si dice Presepe o Presepio? Risponde l’Accademia della Crusca


Una grotta, il bue, l’asinello e la Sacra Famiglia. Gli attori protagonisti sono sempre gli stessi, ma ogni anno la telenovela non cambia: si dice “presepe” o “presepio”? Il dilemma è tale che sulla questione è dovuta intervenire nientemeno che l’organo deputato agli usi linguistici italiani (ma anche a quelli napoletani), ovvero l’Accademia della Crusca.

Già, perché quando San Francesco d’Assisi nel 1223 diede vita – più o meno consapevolmente – alla tradizione presepiale italiana con la rappresentazione della nascita di Gesù improvvisata a Greccio, di certo non poteva immaginare che i posteri avrebbero discusso sul nome esatto da attribuire ad uno dei maggiori oggetti di culto (nel vero senso della parola) del panorama cristiano e artistico.

Innanzitutto, va detto che comunque la si pronunci, il significato della parola presepe/presepio è “mangiatoia”. Un termine diffuso sin dall’epoca medievale e che deriva dall’antico latino. E qui viene il punto, perché in italiano ci sono numerose parole che hanno una piccola variazione sillabica o che riguarda anche una sola lettera: si pensi a sacrificio/sacrifizio, crocifisso/crocefisso, servizio/servigio.

In genere la prima delle coppie precedenti si dice “popolare”, mentre l’altra si dice “dotta”. Tale distinzione deriva dal fatto che non si è passati direttamente dal latino all’italiano moderno (neostandard), ma si è trattato di un lungo processo avviato con l’ingresso dei barbari nell’Impero Romano d’Occidente (avvenuto già prima della sua fine, datata 476 d. C.), che ha portato al volgare, cioè lingua del volgo, del popolo.

Ecco, nei casi in cui il processo di transizione latino-volgare-italiano di una singola parola è stato lento e graduale, si può parlare di parola popolare; quando, invece, si è passati quasi direttamente dal latino all’italiano, si è mantenuta una struttura molto simile all’antica lingua dei Romani: si parla allora di parola dotta.

Nel caso del presepe/presepio esistevano già in latino due forme: praesepe-is (sostantivo neutro della terza declinazione) e praesaepium-praesaepii (neutro della seconda declinazione).  Dalla prima deriva l’attuale “presepe”, dalla seconda la forma più arcaica “presepio”. Questo significa, pertanto, che vanno bene entrambe.

Lo stesso Alessandro Manzoni, che pure grossa importanza ha rivestito per a lingua italiana, nella sua poesia “Il Natale” usa ambedue le forme:

La mira Madre in poveri   64
panni il Figliol compose,
e nell’umil presepio
soavemente il pose;
e l’adorò: beata!
innazi al Dio prostrata,
che il puro sen le aprì.      70

Senza indugiar, cercarono 92
l’albergo poveretto
que’ fortunati, e videro,
siccome a lor fu detto
videro in panni avvolto,
in un presepe accolto,
vagire il Re del Ciel.        98


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