Napoli si sta attrezzando nel migliore dei modi per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. Tra le cose messe in atto, c’è l’allestimento dell’Ospedale Loreto Mare di Napoli, come unico centro per ospitare tutti i malati di Covid-19. Per fare ciò, Napoli ha deciso di affidarsi a Franco Faella, uno degli infettivologi più esperti in Italia, andato in pensione nel 2015 e che ora ha 74 anni. Franco è stato in prima linea nel 1973 al Cotugno, quando a Napoli c’era il colera.
Il medico ha commentato la scelta di rimettersi in pista ai microfoni dell’Ansa: “Ero in corsia al Cotugno nel 1973, durante il colera. Ma questa epidemia è un’altra cosa, mai visto nulla del genere. Ci ho pensato e ho capito che non potevo comportarmi da vigliacco. Stiamo finendo gli ultimi dettagli e domani mattina saremo pronti. La sala di terapia intensiva è pronta ed è una delle migliori che ho visto. È nata nel corso di un’epidemia e si vede, rispetta esattamente ogni dettaglio. Ora lavoriamo agli ambienti per la sicurezza dei sanitari, qui lavoreranno in 120-150 per coprire tutti i turni“.
“Parliamo di pazienti infettivi quindi dobbiamo avere la certezza di avere i numeri sufficienti su dispositivi come maschere, tute, guanti, occhiali. Stanno arrivando, perché chi lavora qui sarà sotto stress e deve farlo in maniera ottimale. C’è una prima sala dove ci si cambia, poi una seconda sala dove si indossano le protezioni, poi si entra nei reparti. I medici e gli infermieri saranno lì per assistere i pazienti, ma poi usciranno, andranno in un altro ambiente dove ci sono i monitor con i parametri vitali di tutti i pazienti e gli schermi con le telecamere puntate su di loro. In questi casi il contatto prolungato, quando non serve, è inutile“.
“Quando si esce ci sarà una sala dove l’operatore sanitario può togliere la tuta in modo opportuno, perché si tratta di dispositivi infetti dalla tosse dei pazienti, e il primo paio di guanti. Poi si toglie gli occhiali, la mascherina, il secondo paio di guanti e si disinfetta le mani. A quel punto può tornare ai monitor“.
“Aspetteremo il primo paziente anche se vorrei che non arrivasse, perché vorrebbe dire che stiamo controllando il contagio. Siamo pronti e sappiamo la pressione che ci aspetta, perché i colleghi in Lombardia vivono giorni incredibili. Avere 200 morti al giorno in una regione vuol dire che 10-20 pazienti al giorno muoiono in ogni ospedale, questo per i medici aumenta lo stress“.