Posso entrare in un lido gratuitamente, ma i gestori lo sanno?

Quello dei lidi che “infestano” le coste di mezza Italia continua a destare discussioni e polemiche di ordino ontologico e squisitamente filosofico: Si può permettere a qualcuno di chiudere un pezzo di costa, di monetizzare una spiaggia, di impedire (seppur in parte) l’accesso al mare per antonomasia bene comune ed inviolabile?

La questione sembra diventare ancor più problematica quando poi, norme e regolamenti assumono contorni indefiniti (sconosciute ai bagnanti e ai gestori degli stabilimenti), eppure come sottolineato in uno studio condotto sulla rivalutazione del Mediterraneo ad opera del WWF, “Tutti dovrebbero essere richiamati ad una maggiore responsabilità rispetto al tema “spiagge”, i bagnanti che con il loro comportamento possono fare la differenza, i gestori degli stabilimenti e delle spiagge attrezzate per trovare modalità più idonee e sostenibili per garantire i servizi e le istituzioni, considerando che il numero di concessioni rilasciate comincia a diventare ormai enorme”.

Bisognerebbe garantire un maggior controllo del rispetto delle regole, soprattutto da parte di chi utilizza il bene pubblico a proprio vantaggio, ma questo troppo spesso non accade e così “le spiagge, demanio pubblico e certamente bene comune” si trasformano di anno in anno in “una imponente macchina economica” a vantaggio dei privati contro gli interessi dei cittadini.

Forse non tutti sanno, gestori di lidi compresi, che le ordinanze che ogni anno vengono emanate per regolare le attività sulle spiagge, precisano anche che tra uno stabilimento balneare e un altro occorre lasciare un “corridoio” che consenta ai bagnanti di raggiungere gratuitamente la spiaggia demaniale. Ma non sempre tale disposizione viene rispettata e fatta rispettare, ed in alcune zone sembrano addirittura vigere regolamenti diversi.

Oltretutto, indipendentemente dallo stabilimento, bisognerebbe sempre lasciare 5 metri liberi dalla Battigia, altra regola non sempre rispettata dai gestori degli stabilimenti balneari.

Le spiagge sono demaniali, di proprietà dello Stato (a cui paghiamo fior fior di quattrini per essere in regole con la tasse), gestite dalle regioni e comuni e quindi bene di tutti. Eppure interi pezzi di spiaggia vengono date in concessione a gestori, che possono chiedere un biglietto di ingresso se autorizzati dai comuni, ma per far si che la cosa sia legale, devono apporre avvisi ben visibili. In cambio del biglietto si può’ usufruire di alcuni servizi quali docce, bagni, spogliatoi, servizio di salvataggio e pulizia dell’arenile, in assenza di tali servizi il prezzo del biglietto non è consentito.

L’affitto di sdraio, ombrelloni e cabine non è obbligatorio, perché’ una volta pagato l’ingresso, ci si può sdraiare sul proprio asciugamano. Chiunque può accedere alla spiaggia di uno stabilimento balneare senza dover pagare alcun biglietto di ingresso, per raggiungere il mare, ma in tal caso non potrà sostare né sulla spiaggia né sulla battigia.

Le tariffe degli stabilimenti sono liberalizzate ma devono essere rese ben visibili al turista che vi accede a cui bisogna rilasciare regolare scontrino fiscale per l’ingresso, ma non per i servizi aggiuntivi offerti dallo stabilimento (come lettini sdraio ombrelloni pedalò’).

Per quanto attiene in maniera specifica alla Campania, la normativa stabilisce che i Comuni costieri redigano un piano attutivo volto regolare l’assegnazione di nuove concessioni. Viene stabilito inoltre che venga garantito il mantenimento di almeno il 20% di aree di libera e gratuita degli arenili e il 20% delle altre superfici demaniali utilizzabili a fini di balneazione.

Eppure come segnalato dal WWF questa disposizione non viene quasi mai rispettata, come nel caso esemplare di Napoli, dove le spiagge pubbliche praticamente non esistono più dato che tutti gli arenili sono stati dati negli anni passati in concessione ai privati.