L’emergenza coronavirus è tragedia immane che sta colpendo tutta l’Italia, da Nord a Sud. La regione più colpita, e di gran lunga, come tutti sappiamo è la Lombardia, dove l’infezione è palesemente fuori controllo: qualcosa di troppo strano sta accadendo lì, e probabilmente in molti, quando tutto sarà finito, saranno chiamati a dare delle risposte.
Il coronavirus, però, può anche essere l’occasione di guardare le cose con un occhio diverso, come accaduto a Teo, parente di alcuni turisti bergamaschi che sono stati ricoverati a Palermo. Intervistato da PalermoToday ammette di avere avuto, in passato, pesanti ed immotivati pregiudizi: “I palermitani sono stati stupendi. Molto accoglienti. Lo dico da bergamasco che ha sempre denigrato Palermo e il Sud. E vi chiedo scusa. Devo ricredermi su Palermo: avete una ottima sanità. Gli ospedali sono meglio di quanto racconta certa sottospecie di programmi tv. Spero che Palermo, dopo questo inferno che ci sta colpendo, diventi un polo d’eccedenza per la sanità al Sud di Roma perché se lo merita. Avete umanità e cervelli”.
Furono proprio alcuni turisti bergamaschi, molto probabilmente, a portare il coronavirus nella città siciliana. Quello palermitano fu il primo caso al Sud. A Palermo hanno avuto le cure migliori, non solo quelle mediche, ma soprattutto quelle umane: sia per i pazienti in ospedale che per coloro che sono rimasti in albergo in quarantena è scattata la solidarietà, con donazioni e cibo tipico siciliano fatto recapitare a tutti per essere vicini in quel momento difficile. Gli infermieri e i medici del Cervello si sono anche autotassati per festeggiare il compleanno di una turista in isolamento, facendole spegnere una ad una le sue 66 candeline.
In un’Italia unita nella forma, ma profondamente divisa dalle differenze economiche e sociali, Palermo e il Sud rispondono con le azioni concrete. Un territorio flagellato dai pregiudizi, dall’assenza dello Stato che gli ha sottratto 840 miliardi di euro in 18 anni, il quale non si tira indietro di fronte al prossimo in difficoltà. Anche quando quest’ultimo, in passato, non è stato certamente gentile.