Il nuovo dpcm (il decreto del presidente del consiglio dei ministri) spiegato ieri in diretta da Giuseppe Conte ha reintrodotto la possibilità di celebrare funerali fino a un massimo di 15 persone. Una concessione fatta dal governo per tutte le famiglie italiane che in questi mesi non hanno potuto omaggiare, nemmeno con un ultimo saluto, i propri cari. E nel nostro Paese, secondo l’ultimo bollettino della Protezione Civile, sono 26.644 le persone morte per coronavirus, senza un funerale. Come sottolineato da Conte in conferenza stampa:
“Sulle cerimonie religiose c’è stata una fitta interlocuzione con il comitato scientifico, c’è stata però un’apertura per le cerimonie funebri, però con l’esclusiva partecipazione di un massimo di 15 congiunti, possibilmente all’aperto e garantendo comunque il distanziamento sociale”.
Un’apertura parziale che ha scatenato la dura reazione da parte della Cei, la Chiesa Cattolica Italiana. Sono infatti sono ancore vietate le restanti cerimonie religiose comprese le messe. In un comunicato, la Cei sottolinea come le decisioni assunte dal premier violino la libertà di culto e siano inaccettabili per i vescovi italiani. Questo il testo:
“Sono allo studio del Governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto”. Le parole del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, nell’intervista rilasciata lo scorso giovedì 23 aprile ad Avvenire arrivavano dopo un’interlocuzione continua e disponibile tra la Segreteria Generale della CEI, il Ministero e la stessa Presidenza del Consiglio.
Un’interlocuzione nella quale la Chiesa ha accettato, con sofferenza e senso di responsabilità, le limitazioni governative assunte per far fronte all’emergenza sanitaria. Un’interlocuzione nel corso della quale più volte si è sottolineato in maniera esplicita che – nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia – la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale.
Ora, dopo queste settimane di negoziato che hanno visto la CEI presentare Orientamenti e Protocolli con cui affrontare una fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie, il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri varato questa sera esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo.
Alla Presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise di carattere sanitario – e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia.
I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale“.