Coronavirus, la cura al plasma funziona: miglioramenti dopo 2 giorni


Buone speranze per la cura del coronavirus: la cura al plasma funziona. Decine di pazienti affetti da Covid-19 sono stati trattati con successo con questa procedura, e i miglioramenti sono stati visibili già dopo due giorni.

La terapia al momento è in via di sperimentazione in alcuni ospedali del Nord Italia. Il trattamento è cominciato dal policlinico universitario San Matteo di Pavia e dall’ospedale Carlo Poma di Mantova, ai quali nelle settimane scorse si sono aggiunti gli ospedali di Novara, in Piemonte, e Padova nel Veneto.

Non dimentichiamo che, nel frattempo, anche il Sud ha dato il via alla sperimentazione della cura al plasma. Dalla Puglia, in particolare dalla città di Bari, è arrivata infatti la notizia dell’utilizzo del plasma con gli anticorpi dei guariti per curare i pazienti in condizioni critiche.

Il Comitato Etico del Policlinico di Bari ha infatti approvato il protocollo clinico sperimentale, applicabile poi su scala regionale in tutti gli ospedali con reparti Covid. Ancora un motivo di grande orgoglio per una terra che fa parte del nostro amato Sud.

Adesso, a dare buoni risultati è anche la sperimentazione al Nord. “I risultati visti nei casi singoli sono stati sorprendenti“, riferisce Massimo Franchini, responsabile dell’Immunoematologia e Medicina trasfusionale dell’ospedale Carlo Poma di Mantova.

Al trattamento sono stati sottoposti i pazienti più gravi, che rischiavano di arrivare in terapia intensiva. I miglioramenti sono risultati evidenti già dopo 1-2 giorni dall’inizio della cura. La procedura utilizzata è inoltre sicura: il sangue dei donatori viene infatti prelevato e poi trattato per isolare il plasma dal resto.

Non manca, tuttavia, chi esprime i propri dubbi su questo trattamento, tra cui Roberto Burioni .”La terapia con il plasma iperimmune prelevato dai pazienti guariti dal Covid-19 è interessante, ma è una cura d’emergenza, non si può pensare a un utilizzo esteso a tutti perché non si possono svenare i soggetti guariti”, spiega il virologo. “Inoltre, dobbiamo essere certi che questi pazienti siano guariti, che abbiano gli anticorpi, che non abbiano altre malattie“.


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