Che il coronavirus non danneggia solo i polmoni, ma anche altri organi tra cui cuore e cervello, è ormai risaputo. Ma la conclusione a cui sono arrivati di recente i medici è ancora più preoccupante: sembra che il 30% dei guariti dal covid subiscano danni permanenti, e diventino così malati cronici.
A parlarne è Maurizio Viecca, primario di cardiologia dell’ospedale Sacco di Milano, in un approfondimento sul Fatto Quotidiano. “Qui da noi abbiamo avuto persone dimesse e poi rientrate in ospedale dopo un mese con embolie, flebiti e vasculiti”, racconta Viecca.
Le polmoniti bilaterali interstiziali tipiche del covid sarebbero la conseguenza di piccoli coaguli di piastrine, detti trombi bianchi, che impediscono lo scambio di ossigeno e anidride carbonica tra gli alveoli e i polmoni. Questo è quanto suggeriscono gli esami autoptici su circa 30 pazienti morti per coronavirus: “In tutti è stato riscontrato un parametro del sangue, detto D-dimero, molto alto ed espressione di trombosi“, spiega Viecca.
“Sono stati osservati trombi di fibrina di piccoli vasi arteriosi in 33 pazienti, metà dei quali con coinvolgimento dei tessuti e associati ad alti livelli di D-dimero nel sangue”. La conclusione di Maurizio Viecca è che “ci ritroveremo con circa il 30% di guariti da Covid trasformati in malati cronici e colpiti soprattutto da difficoltà respiratorie”.
Il primario di cardiologia del Sacco ha sottolineato quindi un aspetto importante dell’emergenza covid, che non si riduce alla cura dei pazienti infetti e alla prevenzione dei contagi. Presto sarà necessario implementare il numero di letti nei reparti di pneumologia, creare ambulatori appositi per il controllo dell’andamento clinico dei guariti, e seguire i malati cronici a domicilio.
Anche Luca Richeldi, pneumologo al Gemelli di Roma, concorda con la previsione di Viecca. “Reliquati polmonari ci sono, per questo avremo una coorte di pazienti che avrà dei residuati fibrotici a livello polmonare e diventerà una nuova categoria di pazienti con malattie polmonari e insufficienza respiratoria, che rappresenterà certamente un nuovo problema sanitario”.