Crollo di Pianura, la sorella di Ciro: “Voglio giustizia. Nessuna morte è accettabile in quel modo”
Giu 03, 2020 - Veronica Ronza
Ciro Perrucci è l’operaio napoletano morto a Pianura, a seguito del crollo di un muro di contenimento. Oltre a lui, ha perso la vita un giovane immigrato di origini africane. La sorella Annamaria ha rilasciato un’intervista al Mattino in cui ha espresso la volontà di ottenere giustizia.
Una sofferenza straziante, quella della donna, che vuole far chiarezza su quanto accaduto. “Non è accettabile la morte di Ciro. Nessuna morte è accettabile in quel modo”, dice Annamaria. “Ormai nessuno potrà restituircelo”.
“Quello che è accaduto in cantiere è assurdo e inconcepibile. È chiaro che un luogo dove si eseguono scavi di quel tipo debba essere messo in sicurezza. Bisognava garantire protezione ai lavoratori. Ma queste condizioni non c’erano. Noi non sappiamo se i lavori fossero stati regolarmente autorizzati. Probabilmente si trattava di attività abusive, ma ci interessa sapere che tipo di misure erano state adottate per tutelare gli operai”.
Né Annamaria, né gli altri familiari sapevano perché Ciro si trovasse lì. Non sono stati nemmeno contattati dai gestori del cantiere. “Precisiamo che Ciro non lavorava in quel cantiere. Di sicuro mio fratello non era da solo. Per questo chiediamo che chiunque abbia visto o sentito qualcosa parli. Le persone che si trovavano con lui devono raccontare la verità e spiegare cosa è accaduto realmente“, chiede Annamaria.
Ciro Perrucci, prima di uscire di casa, aveva rassicurato la moglie dicendole che sarebbe tornato subito. “Aveva detto che portava un po’ di caffè ai ragazzi del cantiere. Doveva essere una questione di una manciata di minuti e, invece, non è più tornato”, spiega la sorella.
Ciro era molto conosciuto nell’ambito dei lavori edili ma non lavorava in quel cantiere né si occupava più di manovalanza operaia. Secondo Annamaria, quella mattina qualcuno gl avrebbe chiesto un aiuto e lui non si sarebbe tirato indietro. “Era un uomo generoso”, racconta la sorella. “Forse proprio questa sua disponibilità gli è stata fatale. Ora vogliamo la verità”.
Poi si lascia andare al ricordo del suo amato fratello: “Gli ho tenuto la mano quando lo hanno estratto dal cumulo di terra che lo aveva sotterrato. Non ho detto una parola ma l’ho stretto a me. Eravamo una famiglia unita”.
Ciro era il secondogenito di otto fratelli, padre di tre figli e da circa quindici giorni era diventato nonno.